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WE.ARE.ABLE, social wearable augmented reality - Accademia di ...

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6.1 Virtual Reality vs. Augmented RealityIl concetto <strong>di</strong> Virtual Reality o VR, coniato nel 1989 da Jaron Lanier (un annoprima che Tom Caudell e David Mizell definissero la loro tecnologia AugmentedReality) implicava nella sua accezione la sofisticata tecnologia, sviluppata già apartire dagli anni '60, che collegava i computer ad una serie <strong>di</strong> sensori in grado <strong>di</strong>stimolare la percezione umana e che consentiva un'interazione immersiva tra unsoggetto attivo e il modello computerizzato generato.Il termine virtuale però non è da contrapporre al reale.Il filosofo francese Pierre Lévy 8 rifletté a lungo su questo concetto, partendodalla considerazione che ogni rappresentazione immateriale è anch’essa reale inquanto comunque percepibile, arrivando a definire il virtuale semplicemente comeuno dei possibili mo<strong>di</strong> dell’essere e che non ha niente a che vedere con il concetto<strong>di</strong> falso o non reale (inteso come un qualcosa che non esiste).Il termine “virtuale” deriva dal latino virtualis che, nella filosofia scolasticaantica, in<strong>di</strong>cava appunto un qualcosa che esiste in potenza ed è in grado <strong>di</strong> passarein atto (per esempio l’albero è virtualmente presente nel seme).Per Levy il virtuale deve essere contrapposto all’attuale e quin<strong>di</strong> ciò che èvirtuale esiste, perché possibile, anche senza consistenza materiale e concreta.I mon<strong>di</strong> virtuali sono esperienze possibili che possono essere contrapposte oconcordate a quelle del reale, in base al grado <strong>di</strong> sensazione <strong>di</strong> immersività enavigabilità che sono capaci <strong>di</strong> suscitare nello spettatore.Tanto più dettagliata sarà la simulazione in atto della realtà, quin<strong>di</strong> comeabbiamo visto, più poligoni saranno elaborati, e più sensi verranno coinvolti, tantopiù profondo sarà il suo grado <strong>di</strong> immersione.8Il filosofo francese Pierre Lévy (1956) è noto per i suoi stu<strong>di</strong> sul mondo degli ipertesti, sulleimplicazioni culturali dell'informatizzazione e sugli effetti della globalizzazione. Si interessa così<strong>di</strong> computer e Internet intesi come strumenti per aumentare le capacità <strong>di</strong> cooperazione, non solodella specie umana nel suo insieme, ma anche quelle <strong>di</strong> collettività come associazioni, imprese,gruppi locali, etc. Egli sostiene infatti che il fine più elevato <strong>di</strong> Internet è l'intelligenza collettiva(come Douglas Engelbart).141

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