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ACTA APOSTOLICAE SEDIS - Libr@rsi

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32 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officialeloro che confidano tutto il destino dell'uomo all'immenso potere industrialedella presente epoca. Essi credono di fondare ogni sicurezza sullasempre crescente produttività e sull'ininterrotto corso della sempre maggioree feconda produzione della economia nazionale. Questa, essi dicono,sulla base di un pieno e sempre più perfetto sistema automatico dellaproduzione, e appoggiata sui migliori metodi della organizzazione e delcalcolo, assicurerà a tutti gii operosi un continuo e progressivo redditodel lavoro. In una fase successiva questo diverrà così grande, che, mediantei provvedimenti della comunità, potrà bastare alla sicurezza anchedi coloro che non sono ancora o non sono più abili al lavoro, bambini,vecchi, malati. Per stabilire la sicurezza, essi concludono, non sarà perciòpiù necessario il ricorso alla proprietà, sia privata che collettiva, sia innatura che in capitali.Orbene, questo modo di ordinare la sicurezza non è una di quelle formedi adattamento dei principi naturali ai nuovi sviluppi, ma quasi unattentato all'essenza dei rapporti naturali dell'uomo coi propri simili,col lavoro, con la società. In questo troppo artificiale sistema la sicurezzadell'uomo per la sua vita è pericolosamente separata dalle disposizioni edalle energie per l'ordinamento della comunità, inerenti alla stessa veranatura umana, e le quali soltanto rendono possibile una unione solidaledegli uomini. In qualche modo, sebbene col necessario adattamento aitempi, la famiglia e la proprietà debbono restare tra i fondamenti dellalibera sistemazione personale. In qualche modo le comunità minori elo Stato debbono poter intervenire come fattori complementari di sicurezza.Pertanto risulta di nuovo vero che un metodo quantitativo, per quantoperfezionato, non può nè deve dominare la realtà sociale e storica dellavita umana. Il sempre crescente tenore di vita, la sempre moltiplicantesiproduttività tecnica, non sono criteri che per sè stessi autorizzano adaffermare che vi è un genuino miglioramento della vita economica di unpopolo. Soltanto una visione unilaterale del presente, e forse anche delprossimo futuro, può appagarsi di un tale criterio, ma non oltre. Da quideriva, talvolta per lungo tempo, uno sconsiderato consumo delle riservee dei tesori della natura, pur troppo anche della disponibile energia umanadel lavoro ; poi anche, a poco a poco, una sempre più grande sproporzionetra la necessità di mantenere la colonizzazione del suolo nazionale in unragionevole adattamento a tutte le sue possibilità produttive ed un eccessivoagglomeramento dei lavoratori. Si aggiungano la decomposizionedella società, e specialmente della famiglia, in singoli e separati soggetti

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