Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Nel primo passo citato, I, 153-55: (...) Lugkeùj dè kaì Ñxut£toij
ækékasto / Ômmasin, e„ teÒn ge pélei kléoj ¢néra ke‹non / ·Vd…wj
kaì nérqe katà cqonòj aÙg£zesqai, l’ unico in cui l’ aggettivo
teÒj, essendo riferito al sostantivo kléoj, compare in funzione
predicativa 350 , Apollonio sembrerebbe mettere in discussione la
tradizione 351 relativa alla straordinaria vista dell’ eroe Linceo 352 , del
quale si diceva che penetrasse con lo sguardo persino i corpi solidi 353 .
Tuttavia, come osserva Ardizzoni 354 , da Omero Apollonio mutua anche
il valore della iunctura 355 e„ teÒn, che nella quasi totalità dei casi, in
entrambi gli autori, non esprime alcuna sorta di scetticismo, bensì viene
impiegata “per rafforzare un’ affermazione o una preghiera”. In Il. XIV,
125, Diomede, dopo aver orgogliosamente esposto la sua genealogia 356
ed esaltato suo padre Tideo, 124-25:…kékasto dè p£ntaj 'Acaioùj /
ægce…V osserva: tà dè méllet’ ¢kouémen, e„ teÒn per. Nelle parole di
Diomede il sintagma e„ teÒn per non consta affatto della funzione di
ingenerare dubbio sul kléoj della sua stirpe, bensì di rimarcare l’
attendibilità di quanto è stato appena affermato. In Il. V, 103-105,
Pandaro, dopo aver pronosticato l’ imminente morte di Diomede:…oÙdé
› fhmi / d»q’ ¢nsc»sesqai krateròn béloj, osserva: e„ teÒn me /
ðrsen ¥nax Diòj uƒòj ¢pornÚmenon Luk…hqen. Anche in questo caso
il valore della iunctura non è di smentire la veridicità dell’ invio di
Pandaro ad Ilio da parte di Apollo, bensì proprio di avvalorare il
concetto. In modo simile, nell’ impiego del sintagma e„ teÒn in questo
passo, va enucleato principalmente l’ intento di focalizzare l’ attenzione
su un dato straordinario – l’ ultra-vista di Linceo – al fine di metterlo in
350
Va tuttavia precisato che l’ uso di teÒn potrebbe essere avverbiale anche in questo passo. Un caso
simile è presente anche in Od. XVI, 320:…¢ll’ Ûstera taûta pénesqai / e„ teÒn gé ti o%isqa Diòj
téraj a„giócoio, ove, come osserva Levet, op. cit., p. 177, teÒn potrebbe essere considerato tanto
forma avverbiale quanto attributo di téraj.
351
Di questo parere è essenzialmente il Mooney: cfr. p. 79 ad loc; cfr. anche
Stinton, art. cit., p. 63.
352
Cfr. Pindaro, che in Nem. 10, 62 lo definisce ÑxÚtaton Ômma; Aristofane, Pl. 210: blépont’
¢pode…xw s’ ÑxÚteron toà Lugkéwj; e Teocrito, XXIV, 194: ¢krib¾j Ômmasi LugkeÚj. Cfr. anche
Hor. Ep. 1. 1. 28: oculo contendere tantum quantum Lynceus contendebat.
353
Cfr. Tosi, 1991, p. 333, n. 707
354
1967, p. 122. Alle stesse conclusioni giunge anche il Levet, op. cit. pp. 165-178.
355
L’ impiego della iunctura e„ teÒn si riscontra anche in ulteriori ambiti “epici”: cfr. Arat. 30, Theocr.
XXV, 173 (su cui vedi infra), Nonn. 3.160, 314; 11. 296; 25. 33; 35.111; 42. 377.
356
Cfr. vv. 113-124.
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