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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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“conforme a sé stesso”, e che egli, come osserva Serrao 162 , “impersona<br />

la Weltanschauung su cui si fonda il programma poetico <strong>di</strong>battuto da<br />

Teocrito nell’ i<strong>di</strong>llio VII: obbe<strong>di</strong>re alla propria natura ed essere sempre<br />

sé stessi; una poetica, cioè, fondata sulla verità”.<br />

L’ analogia tra Comata e il Simichida dell’ i<strong>di</strong>llio VII risulta dunque<br />

evidente. Il sintagma ko÷dèn kaucéomai mi sembra peraltro suggerire<br />

un’ ulteriore connessione; in esso sembra infatti in qualche modo<br />

risuonare sintetizzata la eco della professione <strong>di</strong> modestia <strong>di</strong> Simichida,<br />

contenuta ai vv. 40-41 dell’ i<strong>di</strong>llio VII, ove egli <strong>di</strong>chiara la propria<br />

inferiorità rispetto ad Asclepiade e Filita 163 . Comata possiede dunque<br />

caratteristiche comuni al Simichida-Teocrito dell’ I<strong>di</strong>llio VII: veracità e<br />

modestia. In virtù <strong>di</strong> tali analogie si potrebbe ipotizzare che Teocrito<br />

abbia sinteticamente riba<strong>di</strong>to, nell’ arco dei versi 76-77, il messaggio<br />

poetico contenuto nell’ I<strong>di</strong>llio VII, in due battute atte a riprodurre la<br />

sua voce anche in questa cornice, la quale riflette con estremo nitore l’<br />

essenza del genere letterario da lui coniato. Se infatti leggessimo le<br />

parole <strong>di</strong> Comata nella doppia ottica 164 in cui abbiamo letto quelle <strong>di</strong><br />

Simichida, ci accorgeremmo <strong>di</strong> poter deco<strong>di</strong>ficare lo stesso identico<br />

messaggio. Si potrebbe così ipotizzare che alla voce <strong>di</strong> Comata, il quale<br />

riferisce la sentenza ad una situazione contingente, Teocrito abbia<br />

voluto allusivamente sovrapporre la sua, per riferire un messaggio <strong>di</strong><br />

portata più generale, ravvisabile tramite una lettura dei versi astratta<br />

dal contesto: in tal modo potremmo interpretare il sintagma Þlaqéa<br />

pánt’ Þgoreúw dal punto <strong>di</strong> vista letterale, come si è già detto, nel<br />

senso <strong>di</strong> essere “sempre sé stessi”, ed allusivamente nel senso <strong>di</strong><br />

“scrivere una poesia realistica” cioè che riproduca la realtà descritta in<br />

modo fedele, poiché essa si configura appunto come attestazione <strong>di</strong> una<br />

realtà accertata. Allo stesso modo, il sintagma ko÷dèn kaucéomai, che<br />

nel contesto si riferisce al non voler apparire qualcosa che non si è,<br />

potrebbe metaforicamente riferirsi al rifiuto <strong>di</strong> imitazione <strong>di</strong> qualsiasi<br />

162 Cfr. art. cit., p. 89.<br />

163 Va tuttavia ricordato che Simichida puntualizza in seguito, v. 42, <strong>di</strong> parlare “æp…tadej”, perdendo<br />

così in spontaneità rispetto a Comata, e manifestando una modestia “strategica”. In tal modo risulta che<br />

Simichida “desidera” essere modesto mentre Comata lo è per indole, cioè l’ uno lo è volutamente, l’<br />

altro lo è spontaneamente. Tuttavia, a prescindere dalle intenzioni, Comata e Simichida manifestano un<br />

atteggiamento affine.<br />

164 Ve<strong>di</strong> supra.<br />

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