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Callimaco, Inno a Delo, 82-85 …maì qeaì e‡pate Moàsai Ã ·’ teòn génonto tÒte drÚej ¹níka NÚmfai; NÚmfai mèn ca…rousin, Óte drúaj Ômbroj ¢éxei, NÚmfai d’ aâ kla…ousin, Óte drusì mhkéti fúlla. “(…) Dite, o mie Muse, / davvero nacquero insieme alle ninfe le querce? / Gioiscon le ninfe quando le querce nutre la pioggia, / piangon le ninfe quando alle querce manca la foglia.” Interrompendo la narrazione relativa alla fuga delle località che dovrebbero offrire asilo a Leto per il parto e concedere i natali ad Apollo, ai vv. 82-85 Callimaco introduce una digressione, prendendo spunto dalla menzione della fuga di Melia 552 , capostipite delle Melie 553 , le ninfe dei frassini. La fuga della ninfa, futura sposa di Apollo, viene giustificata alla luce dello spavento suscitatole dalle vibrazioni emesse dall’ Elicona, di cui Melia scorge scuotersi la cima sulla quale si trova la quercia ad essa “coetanea”, vv. 79-82: ¹ d’ Øpodinhqe‹sa coroà ¢pepaÚsato nÚmfh / aÙtÒcqwn Mel…h kaì ØpÒcloon œsce parei»n / ¼likoj ¢sqma…nousa perì druÒj, æj ‡de ca…thn / seioménhn Èlikînoj (…). Con un’allocuzione diretta alle “sue” Muse 554 - maì qeaì...Moàsai - il poeta chiede poi loro, introducendo un break narrativo, di illustrargli la verità sulla communis origo delle ninfe e degli alberi, vv. 82-85. Il poeta fa in questi versi allusione a una tradizione 555 , che, in un’ottica che si potrebbe definire “animistica”, connetteva la nascita, la vita e la 552 Sui legami tra Melia, figlia di Oceano, e Apollo, cfr. Pind., Pyth. XI, 4; fr. 29, 1 S. M., peana VII, 4 e IX 35, 43. 553 Le Melie vengono menzionate da Callimaco nell’ Inno a Zeus, 46-47, quali ninfe cretesi discendenti da Melia; sul loro legame con i frassini cfr. Call. fr. 598 Pf. 554 Cioè alle Muse erudite, le stesse cui Callimaco si rivolge negli Aitia. Su questo argomento cfr. M.R. Falivene, 1990, p. 113; S.R. Slings, 2004, p. 294. Callimaco effettua in questi versi una sorta di “contaminazione”, inserendo all’ interno di un inno una breve inchiesta alle Muse, secondo il modello che costituisce la prassi incipitaria dei primi due libri degli Aitia. 555 Cfr. Inno omerico ad Afrodite 264-272; Pindaro, fr. 165 Snell-Maehler; Eumelo fr. 15 Bernabè e Charon di Lampsaco 262 F 12 Jacoby. 169
morte delle ninfe degli alberi 556 , al destino delle piante stesse in virtù di una sorta di consustanzialità fra essi. Le testimonianze a riguardo sono molteplici; una delle più antiche si incontra nell’ Inno omerico ad Afrodite, 264-272: tÍsi d’ ¤m’ À l£tai ºè drÚej Øyik£rhnoi / geinoménVsin œfusan pì cqonì bwtiane…rV, / kala…, thleq£ousai n oÜresin Øyhlo‹sin. / ˜st©s’ ºl…batoi, teménh dé ˜ kikl»skousin / ¢qan£twn: tàj d’ oÜ ti brotoì ke…rousi sid»rJ. / ¢ll’ Óte ken d¾ mo‹ra parest»kV qan£toio / ¢z£netai mèn prîton pì cqonì déndrea kal£, / floiòj d’ ¢mfiperifqinÚqei, p…ptousi d’ ¥p’ Ôzoi, / tîn dé q’ Ðmoà yuc¾ le…pei f£oj ºel…oio. La tradizione successiva si presenta piuttosto uniforme a proposito del destino delle ninfe degli alberi, cioè Melie, Driadi e Hamadriadi, nonostante il Bing 557 ritenga di poter individuare la riprova di una disomogeneità delle fonti nel fr. 304 M.W. di Esiodo, citato da Plutarco in de def. orac. 415 c-d, in cui viene fatta menzione della straordinaria longevità delle Naiadi 558 : ænnéa toi zÍei geneàj lakéruza korÍnh / ÞndrÏn ÓbÍntwn< œlafoj dé te tetrakÒrwnoj< / tre‹j d’ æl£fouj Ð kÒrax ghr£sketai< aÙtàr Ð fo‹nix / ænnéa toùj kÒrakaj< déka d’ ¹me‹j toùj fo…nikaj / númfai æuplÒkamoi, koûrai Diòj aêgiócoio. Secondo Bing 559 , il frammento esiodeo smentirebbe ciò che viene testimoniato nell’ Inno omerico ad Afrodite, in quanto, a parere dello studioso “Plutarch…quotes Hesiod…as saying that Naiads outlive their trees…”. Il frammento esiodeo, fa tuttavia riferimento alle Naiadi, le ninfe delle fonti, cosicché la comparazione tra loro longevità e quella degli alberi risulta piuttosto incongruente 560 . 556 Come osserva D’ Alessio, op. cit. I, p. 142, n. 31, sebbene vengano menzionate solo le querce, Callimaco non si riferisce esclusivamente alle Driadi e alle Hamadriadi, bensì anche alle Melie, sebbene esse fossero in realtà le ninfe dei frassini. Col termine dràj si allude qui verosimilmente ad ogni genere di albero; cfr. Hesych., s.v. dràj; Schol. Aristoph. Equit. 675; Av. 480. 557 1988; cfr. in particolare pp. 40-44. 558 Osserva Plutarco subito prima di citare il frammento esiodeo: Ð d’ `Hs…odoj o‡etai kaì periÒdoij tisì crÒnwn g…gnesqai to‹j da…mosi tàj teleut£j: légei gàr n tù tÁj Na@idoj prosÍp_ kaì tòn crónon aênittómenoj. Plutarco calcola poi che la durata della loro vita fosse di 9720 anni. 559 Op. cit., p. 43. 560 Né mi sembra che sia del tutto pertinente l’ulteriore testimonianza citata da Bing, op. cit., pp. 43-44, a riprova della disomogeneità della tradizione su Melie, Driadi e Hamadriadi. Bing cita infatti Apollonio Rodio, IV 1423-30, ove viene menzionata la metamorfosi delle tre Esperidi in pioppo, olmo e salice: (...) kaì dÕ cqonòj æxanéteilan / poíhn pámprwton, poíhj ge mèn øyóqi makroì / blásteon Órphkej, metà d’ #ernea thleqáonta / pollòn øpèr gaíhj ðrqostadòn Òéxonto< / :Espérh a#igeiroj, pteléh d’ Eruqhìj #egento, A#iglh d’ êteíhj ëeròn stúpoj. k dé nu keínwn / dendréwn, o!iai œsan, to‹ai 170
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