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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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*hlix della ninfa. Il rapporto simpatetico tra Melia e la sua quercia,<br />

viene enfatizzato dalle espressioni riferite alla ninfa, quali ØpÒcloon<br />

œsce parei»n o ¼likoj ¢sqma…nousa perì druÒj, le quali palesano la<br />

conoscenza e l’ adeguamento <strong>di</strong> Callimaco alle concezioni<br />

tra<strong>di</strong>zionali 567 .<br />

Tuttavia, ai vv. 82-83, improvvisamente il poeta interrompe la finzione<br />

della narrazione, sospendendo la mimesi, e si rivolge <strong>di</strong>rettamente alle<br />

Muse, non già, come ha osservato M.R. Falivene 568 , in qualità <strong>di</strong> aedo,<br />

ma nella veste dell’ “interlocutore privilegiato” <strong>degli</strong> Aitia, chiedendo<br />

ad esse ragione della veri<strong>di</strong>cità della consustanzialità tra ninfe e piante.<br />

Callimaco sembrerebbe così aspirare ad una verità quasi “scientifica”,<br />

indagata con animo razionalistico; e tuttavia, non è il conseguimento <strong>di</strong><br />

una verità oggettiva ciò che a mio parere viene qui ambìto da<br />

Callimaco. L’ aspirazione del poeta mi sembra altresì essere quella <strong>di</strong><br />

“trovare conferma” dalle Muse riguardo alla veri<strong>di</strong>cità dell’ “esistenza”<br />

delle testimonianze relative agli argomenti mitici illustrati. La verità<br />

invocata qui da Callimaco si identificherebbe così con “la realtà dell’<br />

esistere” <strong>di</strong> fonti autorevoli spettanti i temi trattati. In tal modo lo<br />

spirito con cui Callimaco chiede conferma alle Muse, chiamate a<br />

garante affinché col loro verdetto consacrino la tra<strong>di</strong>zione allusa dal<br />

poeta, sarebbe il medesimo che lo porta ad asserire, nel fr. 612 Pf.,<br />

Þmárturon o÷dèn ¢eídw. La risposta che segue nei vv. 84-85, la cui<br />

esatta attribuzione ha sollecitato fortissime perplessità, <strong>di</strong>videndo gli<br />

stu<strong>di</strong>osi tra coloro che ritengono che essa vada ascritta alle Muse 569 , e<br />

coloro che ritengono che sia Callimaco stesso a ribattere sotto forma <strong>di</strong><br />

gnome 570 , ne reca conferma. Sebbene il poeta, esprimendosi in modo<br />

estremamente succinto e sentenzioso, sembri glissare sulla questione<br />

specifica – Ã ·’ teòn génonto tÒte drÚej ¹níka NÚmfai; –, egli<br />

condensa in realtà in due soli versi la concezione <strong>di</strong>ffusa della<br />

567<br />

Tale tra<strong>di</strong>zione filtrò anche in ambito latino. Cfr. Ov. Met. VIII, 741-776, ove viene descritto l’<br />

abbattimento <strong>di</strong> una grossa quercia da parte <strong>di</strong> Erisíctone, cui consegue la morte della ninfa ad essa<br />

congenita; cfr. In particolare vv. 771-773, ove la ninfa in punto <strong>di</strong> morte osserva: “Nympha sub hoc ego<br />

sum Cereri gratissima ligno, / quae tibi factorum poenas instare tuorum / vaticinor moriens, nostri<br />

solacia leti”. Il mito <strong>di</strong> Erisittone viene riportato anche da Callimaco nell’ Inno VI.<br />

568<br />

Art. cit.<br />

569<br />

Così Wilamowitz e Pfeiffer.<br />

570<br />

Cfr. Körte-Händel 1960, p. 36.<br />

173

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