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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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In I 1022-23, la forma avverbiale nhmertéj viene applicata a un<br />

composto <strong>di</strong> o%ida, preceduto da negazione, – o÷d’...nhmertèj p»isan<br />

– per contrassegnare la mancata correttezza <strong>di</strong> un processo cognitivo.<br />

Respinti in<strong>di</strong>etro dalle onde sull’ isola <strong>di</strong> Cizico, dove hanno appena<br />

avuto sosta, gli Argonauti non riconoscono l’ isola dei Dolioni – o÷dé<br />

tij a÷tÕn nÖson æpifradéwj nóhsen / œmmenai (…) – né vengono a<br />

loro volta riconosciuti da costoro a causa dell’ oscurità della notte.<br />

In tal modo con la locuzione o÷d’...nhmertèj p»isan viene espressa l’<br />

idea <strong>di</strong> un frainten<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong> una percezione errata e ingannatoria, per<br />

cui i Dolioni sono indotti a misconoscere la verità 450 .<br />

La forma avverbiale nhmertéj riveste qui la medesima funzione<br />

genericamente svolta in Omero dal neutro avverbiale s£fa, unico<br />

lessema impiegato come sinonimo <strong>di</strong> ÞlhqÔj, oltre che in unione ai<br />

verba <strong>di</strong>cen<strong>di</strong> 451 , anche ai verba sentien<strong>di</strong>. In Od., XVII, 153,<br />

Teoclilemo, a proposito della parziale conoscenza della verità su<br />

O<strong>di</strong>sseo posseduta da Telemaco osserva: oÙ s£fa o%iden.<br />

Lo stretto legame semantico tra nhmertÔj e safÔj era comunque<br />

percepito in epoca tardoarcaica-classica, come <strong>di</strong>mostra Empedocle, che<br />

nel fr. 122 D.K., nell’ ambito <strong>di</strong> un’ elencazione <strong>di</strong> coppie antinomiche,<br />

alla personificazione <strong>di</strong> NhmertÔj oppone quella <strong>di</strong> 'Asáfeia:<br />

NhmertÔj t’ ærÒessa melágkourÒj t’ 'Asáfeia.<br />

L’ antitesi <strong>di</strong> nhmertÔj veniva dunque percepita da Empedocle come<br />

“ciò che non è safÔj”, in modo tale da creare tra i due termini una<br />

sorta <strong>di</strong> assimilazione ontologica 452 , in virtù della quale, considerata<br />

anche l’ esclusione <strong>di</strong> safÔj dal suo vocabolario, verosimilmente<br />

Apollonio sceglie in questo contesto nhmertéj.<br />

Nell’ ultimo esempio citato, II 959, la forma avverbiale nhmertèj viene<br />

nuovamente impiegata in connessione ad un verbo che in<strong>di</strong>ca<br />

<strong>di</strong>scernimento: sf©j aÙtoùj nhmertèj péfradon. Giunti a Sinope,<br />

agli Argonauti si fanno incontro i tre figli <strong>di</strong> Deimaco e Tricca,<br />

449<br />

In virtù della frequente connessione <strong>di</strong> nhmertÔj a <strong>di</strong>scorsi dal carattere<br />

premonitore, esso si attaglia alla percezione <strong>di</strong> Medea, la quale viene qui<br />

prospettata come intuizione <strong>di</strong> un avvenimento futuro.<br />

450<br />

Apollonio osserva infatti al v. 1024 che i Dolioni confondono gli Argonauti con la tribù pelasga dei<br />

Macriei, loro nemica.<br />

451<br />

Cfr. Il. IV, 404: ŒAtre@idh, mÕ yeúde’ æpist£menoj s£fa e„peîn.<br />

452<br />

Su questo frammento cfr. Janssen, 1984, p. 177-78.<br />

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