Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

V. 2 . c - ¢trek»j
Teocrito, Idillio XXV, 166-71
Ój d» toi muqe‹to kaì n pleÒnessin 'Epeiîn,
oÛneken 'Arge…wn tij ›qen pareÒntoj Ôlesse
qhr…on a„noléonta, kakòn téraj ¢groiètaij,
ko…lhn aâlin œconta Diòj Neméoio par’ ¥lsoj,
oÙk o%id’ Þtrekéwj À ”Argeoj x ƒero‹o
aÙtÒqen À T…runqa némwn pÒlin ºè Muk»nhn.
“Diceva in mezzo a un folto numero di Epei / che un Argivo, lui
presente, aveva ucciso / una belva, un feroce leone, mostro tremendo
per i contadini, / che nel sacro bosco di Zeus nemeo aveva la tana. /
Non so esattamente se proprio dalla sacra Argo / veniva, o se abitava la
città di Tirinto o di Micene”.
Ancora nell’ambito della terza sezione del carme XXV, ove tramite un
flashback Fileo rievoca le parole udite da uno straniero di Elice
relativamente all’impresa eraclea del leone nemeo, ai vv. 170-71 il
figlio di Augia esterna la sua incertezza sull’esatta città d’origine
dell’eroe. Nonostante la stirpe argiva di Eracle sia nota a Fileo, v. 167,
egli osserva infatti di ignorarne la città natale.
Al v. 170 l’avverbio Þtrekéwj viene così associato ad un verbo che
indica facoltà cognitiva – o%ida – per denotare la precisione e l’
esattezza di un’ informazione. Come si è constatato nel capitolo relativo
ad Apollonio Rodio 673 , il quale applica il lessema quasi esclusivamente
a verbi inerenti alla sfera intellettiva, nella letteratura successiva a
Omero Þtrekéwj si incontra impiegato soprattutto in connessione ai
verba sentiendi, per contrassegnare la completezza e la puntualità di
una conoscenza.
673 Vedi supra.
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