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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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una genealogia 691 , o si alluda ad essa 692 , in sintonia con l’uso che ne<br />

viene fatto nella letteratura greca, essendo esso il sinonimo <strong>di</strong> ÞlhqÔj<br />

più comunemente sfruttato nei contesti genealogici, allo scopo <strong>di</strong><br />

garantire la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scendenza 693 .<br />

Non risulta pertanto possibile tracciare una linea <strong>di</strong> demarcazione<br />

troppo netta tra la “verità” significata da Callimaco con l’aggettivo<br />

ÞlhqÔj e quella significata dal poeta tramite i sinonimi. Come si è<br />

visto, l’aggettivo ÞlhqÔj viene spesso associato da Callimaco a topoi e<br />

ad espressioni proverbiali; ma in un caso 694 ciò si verifica anche per il<br />

lessema teój. Ancora, nell’Inno a Zeus 695 60, ÞlhqÔj viene riferito al<br />

mito, e tuttavia, in altri luoghi, in relazione al mito Callimaco impiega<br />

teój 696 o il conio deaggettivale <strong>di</strong> t»tumoj, thtum…h 697 .<br />

Sia che Callimaco scelga <strong>di</strong> impiegare ÞlhqÔj sia che scelga <strong>di</strong><br />

impiegare un altro dei suoi sinonimi, ciò che si può comunque desumere<br />

al <strong>di</strong> là delle ragioni stilistiche o semantiche, è che, come si è già<br />

accennato, il poeta mostra più volte <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care “vero” ciò che trova<br />

riscontro nella tra<strong>di</strong>zione.<br />

Come si è constatato, già prima <strong>di</strong> Callimaco, la prassi <strong>di</strong> attribuire la<br />

definizione <strong>di</strong> “vero” a ciò che è topico e proverbiale è comune a<br />

<strong>di</strong>versi autori. Tuttavia, la frequenza con la quale l’Alessandrino ricorre<br />

a questa prassi, tra<strong>di</strong>sce a mio avviso l’ intento <strong>di</strong> sancire l’ autorità<br />

della tra<strong>di</strong>zione, alla pari del garantire l’ atten<strong>di</strong>bilità del messaggio<br />

veicolato dai topoi proposti. Ovvero, ciò che sembra stare<br />

principalmente a cuore a Callimaco è la “certificazione” della<br />

tra<strong>di</strong>zione, in piena sintonia con quanto egli osserva nel fr. 612 Pf.:<br />

Þmárturon o÷dèn ¢eídw.<br />

Il “non cantar nulla che non sia attestato” implica, per il redattore delle<br />

Pinakes, un attingere a piene mani al repertorio <strong>degli</strong> autori antichi, al<br />

fine <strong>di</strong> mantenere vivo e saldo il legame tra il presente e il passato.<br />

691 Cfr. fr. 617, 1 Pf.<br />

692 Cfr. fr. 75, 76 Pf.<br />

693 Ve<strong>di</strong> supra cap. IV e cap. V.<br />

694 Cfr. fr. 75, 9 Pf.<br />

695 Cfr. cap. I.<br />

696 Cfr. Inno a Delo, 83.<br />

697 Cfr. fr. 75, 76 Pf.<br />

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