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essi il desiderio di contatto e di emulazione nei suoi confronti. Il valore messo in luce dall’ ærastÔj al fine di sedurre l’ ærÍmenoj poteva estrinsecarsi in ogni campo o disciplina, e sebbene Platone prenda in considerazione come materia d’ insegnamento, ed esalti, soprattutto un’ ¢retÔ di tipo filosofico, cioè intellettivo, tale ¢retÔ si esplicava anche in ambito fisico, cioè atletico e militare 209 . Attraverso questa forma di educazione – la paiderasteía – considerata dai Greci la più alta, l’ ærÍmenoj sarebbe divenuto un giorno un uomo, un ærastÔj in grado di suscitare a sua volta l’ ammirazione dei giovani 210 . Rimarcando il desiderio di Eracle di trasformare il giovane Ila in un ¢laqinòj ¢nÔr, Teocrito formula un giudizio di valore, ed indica per mezzo dell’ aggettivo ¢laqinÒj il pieno conseguimento di uno status, consistente nell’ acquisizione da parte di Ila delle qualità insite nel suo maestro/amante – aÙtù kat¦ qumón –; la risultante cioè o l’ epilogo di un processo di formazione cui Ila approderebbe grazie ad un’ assidua frequentazione con Eracle 211 e all’ assorbimento delle sue virtù. Poiché pa‹ς era il termine con il quale si indicava generalmente l’ ærÍmenoj a prescindere dalla sua età, la sua contrapposizione con ¢laqinòj ¢nÔr indica per l’ appunto un cambiamento di statuto, indipendentemente dalla maturazione dovuta all’ età 212 . Poiché Eracle è un eroe 213 questo status si configura in tal caso come eroico, cosicché trasformarsi da pa‹ς in ¢laqinòj ¢nÔr per Ila implica 209 L’ insegnamento del valore militare ebbe soprattutto peso in quelle società particolarmente conservatrici in cui si praticava la pederastia, quali Sparta o Tebe. Tuttavia Platone stesso, Symp. 178 e, osserva che il miglior esercito sarebbe stato quello composto da coppie di amanti. 210 Su questi argomenti cfr. H. I. Marrou, trad. it. Roma 1971, pp. 53-64; K. J. Dover, trad. it. Torino 1985; F. Buffière 1980. 211 Cfr. vv. 10-13: cwrìj d’ oÙdépok’ %hj, oÙd’ e„ méson %amar Ôroito, / oÙd’ Ókc’ ¡ leÚkippoj ¢natrécoi j Diòj ¢èj, / oÙd’ ÐpÒk’ Ñrt£licoi minuroì potì ko‹ton Ðrùen / seisaménaj pterà matròj p’ a„qalÒenti peteÚr_. 212 Va osservata l’ analogia tra questi versi e Plat. Resp. 4, 425 c, ove si parla dell’ educazione dei giovani: kaì teleutÏn dÕ o%imai faîmen ¨n e„j ›n ti téleon kaì neanikòn ¢pobaínein aÙtò À kaì toÙnantíon; cfr. anche Symp. 192 a, ove il soggetto sono proprio gli ærÍmenoi: kaì gàr telewqéntej mÒnoi ¢pobaínousin eêj tà politikà ¥ndrej oë toioûtoi. 213 Eracle è appunto qui rappresentato in una dimensione eroica; al v. 6 Teocrito fa infatti riferimento all’ uccisione del leone di Nemea, una delle dodici fatiche di Eracle: Öj tòn lìn Øpémeine tòn ¥grion (…). La menzione proprio di questa impresa va probabilmente ricondotta all’ importanza attribuitale dagli antichi, per i quali l’ uccisione del leone di Nemea non era la “prima fatica” solo dal punto di vista cronologico, bensì essa era percepita come la più emblematica. Su questo argomento cfr. Perrotta, 1926, p. 221. 63
fondamentalmente divenire Þgaqòj kaì Þo…dimoj come il suo ærastÔj Eracle 214 . D’ altra parte, come si constata nel precedente capitolo, quando l’ aggettivo ÞlhqÔj o il suo sinonimo ¢lhqinÒj vengono applicati a persona, se non contrassegnano la veridicità di quanto viene da essa affermato, indicano la piena rispondenza ai canoni richiesti ad una determinata categoria umana o sociale 215 . Tuttavia, in virtù delle interpretazioni genericamente accordate al primo segmento del v. 15, all’ espressione j ¢laqinÕn ¥ndr' ¢poba…h potrebbe essere sottesa anche un’ allusione erotica. Sebbene la prima parte del v. 15 sia corrotta, gli editori hanno generalmente accolto la lezione aÙtù d' e%u ›lkwn. L’ esegesi del sintagma è stata formulata sottintendendo zugón come oggetto di ›lkwn, sulla base dello scolio 216 : e‡rhtai dè metaforikîj ¢pò tîn boîn tîn k nšou e„qisménwn kalîj ›lkein, e cogliendovi un’allusione metaforica al “giogo d’ amore”. La metafora del giogo d’ amore è piuttosto diffusa nella letteratura greca 217 , e viene peraltro impiegata da Teocrito in ben tre occasioni, Id. XII, 15: ¢llÔlouj d’ æfílhsan ‡sJ zugù; Id. XVII 20-21: (D): o÷ feúgeij tòn ‡Erwta, tòn o÷ fÚge parqénoj ¥llh / (K): feúgw naì tòn P©na: sù dè zugòn a„èn ¢eíraij; Id. XXX, 28-29: cr» me mákron scónta tòn ¥mfena / œlkhn tòn zÚgon (…). 214 R. Hunter, 1999, p. 270, percepisce un’ analogia tra il participio peponamšnoj del v. 14 e il participio peplasménon dell’ idillio VII, 44. Se il participio peplasménon, come si è visto, implica una formazione di Simichida in conformità a sé stesso, æp’ Þlaqeí=, il participio peponamšnoj implica qui una formazione di Ila in conformità ad Eracle, aÙtù kat¦ qumón. 215 Vedi supra. 216 Cfr. scolio a Theocr. XIII, 15b (p. 261 Wendel). Cfr. Rumpel, Lexicon Theocriteum, rist. 1961, p. 94: “sibi ipsi constans; sui semper similis; imago a iumentis sumpta est sibi paribus et aequaliter incedentibus”. 217 Per i precedenti di Teocrito, cfr. Theogn. 1357-58: a„eì paidofíl+sin pì zugòn aÙcéni keîtai / dÚsmoron; Eur. Med. 241-43: k¨n.../ pósij xunoikÍ m¾ bí= férwn zugón, / zhlwtòj a„Ín; Tr. 669-70: ¢ll’ o÷dè pÏloj ¼tij ¨n diazugÍ / tÁj suntrafeíshj, ·vdíwj ›lxei zugón; cfr. inoltre Julian Or. 8, 244 c: filhqeìj tò legÒmenon ‡sJ zugù. In ambito latino cfr. ad es. Hor. Car. 1, 35, 27- 28:… amici / ferre iugum pariter dolosi; Serm. 2, 7, 91; Plaut. Aul. 229-231: te bovem esse et me esse asellum: ubi tecum coniunctus siem / ubi onus nequeam ferre pariter, iaceam ego asinus in luto / tu me bos magis haud respicias, gnatus quasi numquam siem; cfr. anche Prop. 2, 5, 14; Ov. rem. am. 90. 64
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P. Bing, The Well-Read Muse. Presen
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M. Di Marco, Il proemio dell’ Ila
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L. Malten, Ein neues Bruchstück au
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R. Scodel, Wine, Water and Antheste
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G. Zanker, Realism in Alexandrian p
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