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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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IV, 1381-82<br />

Mous£wn Óde màqoj, gë d’ Øpakouòj ¢e…dw<br />

Pier…dwn, kaì t»nde panatrekèj œkluon Ñmf»n<br />

“Questo è il racconto delle Muse, che io canto come servo / delle<br />

Pieri<strong>di</strong>, ed è proprio vero che ho u<strong>di</strong>to questa voce 481 ”.<br />

In procinto <strong>di</strong> narrare l’ episo<strong>di</strong>o mitico relativo al trasporto della nave<br />

Argo sulle spalle <strong>degli</strong> Argonauti per do<strong>di</strong>ci giorni e do<strong>di</strong>ci notti<br />

attraverso il deserto <strong>di</strong> Libia 482 , Apollonio opera una premessa,<br />

constatando <strong>di</strong> riferire un racconto che gli è stato ispirato dalle Muse, e<br />

che, “in tutta verità”, egli ha potuto u<strong>di</strong>re dalla loro voce.<br />

Tramite il lessema 483 panatrekÔj, usato qui in forma neutra avverbiale,<br />

Apollonio constata così la veri<strong>di</strong>cità della fonte <strong>di</strong>vina del màqoj<br />

libico, uno fra i meno realistici del Libro quarto a causa della<br />

sostanziosa presenza <strong>di</strong> elementi pro<strong>di</strong>giosi e sovrannaturali 484 .<br />

L’ attribuzione alle Muse <strong>di</strong> un racconto mitico che il poeta doveva<br />

percepire come poco verosimile, va ricondotta al fine del poeta <strong>di</strong><br />

“deresponsabilizzarsi” ovvero <strong>di</strong> esentarsene dalla paternità; l’ innesto<br />

<strong>di</strong> elementi poco cre<strong>di</strong>bili della tra<strong>di</strong>zione, e tuttavia ineliminabili, nel<br />

tessuto narrativo, doveva probabilmente provocare nell’ “illuminista”<br />

Apollonio un certo imbarazzo.<br />

L’ istanza razionalistica, quasi scientifica, che permea le Argonautiche,<br />

ove il mito trova la sua <strong>di</strong>mensione in rapporto ai segni verificabili nel<br />

presente 485 , fa sì che l’ autore tenda, nell’ esposizione dei resoconti<br />

mitici, a una presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’ elemento favolistico, e ad un’<br />

481 Traduzione <strong>di</strong> E. Livrea, op. cit.<br />

482 Cfr. vv. 1383-1390.<br />

483 L’ unica altra attestazione letteraria <strong>di</strong> questo aggettivo, verosimilmente formato<br />

sulla scorta del più frequente panalhq»j, si riscontra in un epigramma <strong>di</strong> Giuliano<br />

Egizio, A.P., 7, 594: MnÁma sÒn, %w QeÒdwre, panatrekèj oÙk pì tÚmb_, / Þll’<br />

nì bibliakÏn muriásin sel…dwn, / a*isin ÞnezÍgrhsaj Þpolluménwn, Þpò<br />

lÔqhj / ßrpáxaj, noeròn mÒcqon ÞoidopÒlwn. Esso compare inoltre in un’<br />

iscrizione attestata in Epigraphica anatolica 27: 16, 8.<br />

484 Nell’ arco <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> versi Apollonio descrive infatti l’ epifania <strong>di</strong> tre dee, le eroine libiche, al<br />

cospetto <strong>di</strong> Giasone, le quali espongono all’ eroe il loro enigmatico vaticinio, cui fa seguito l’<br />

apparizione del cavallo <strong>di</strong> Poseidone. L’ episo<strong>di</strong>o trova il suo culmine nella narrazione, non meno<br />

inverosimile del trasporto a braccia della nave Argo. Cfr. vv. 1312-1390.<br />

485 Su questo argomento cfr. Hurst 1967.<br />

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