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II, 181-82 (…) oÙd’ Ósson Ñp…zeto kaì Diòj aÙtoà cre…wn ¢trekéwj ƒeròn nÒon ¢nqrèpoisin. “Non ebbe alcun ritegno nemmeno a rivelare agli uomini / precisamente il sacro pensiero del figlio di Crono”. Il passo sopra analizzato, II, 311-12, si ricollega a II, 181-82. Rievocando tramite un’ analessi la vicenda mitica di Fineo, Apollonio osserva che la punizione subita dall’ indovino – la cecità, la lunghissima vecchiaia e il tormento delle Arpie – gli è stata inflitta da Zeus per aver rivelato agli uomini i disegni divini con troppa precisione 472 . L’ avverbio ¢trekéwj possiede così in questo passo la medesima idea di “completezza” dell’ informazione che si è constatata a proposito del passo precedente. I due passi, II, 181-82 e II, 311-12, risultano essere contigui. L’ aver esposto ¢trekéwj agli uomini il nÒon Diòj, ha suscitato per Fineo un castigo tale che gli impedisce ora di rivelare agli Argonauti p£nta ¢trekéj. 472 Apollonio fornisce in questa analessi, vv. 178-193, la propria versione mitica su Fineo. Nei tragici, cfr. Soph. Ant. 966-87, fr. 636-645 e 704-717 Radt, la punizione dell’ indovino derivava dalla sua violenza e crudeltà, avendo egli accecato i figli della prima moglie Cleopatra, figlia di Borea. Apollonio, pur rimanendo allineato a Sofocle relativamente alla severità del castigo inflitto a Fineo da Zeus, ne attenua nettamente la colpevolezza, rendendolo responsabile di una troppo precisa divulgazione dei disegni divini. Scegliendo questa versione mitica Apollonio sembra riaccostarsi ad Esiodo, fr. 157 e 254 M. W., se si può accogliere la teoria di Schwartz, che nonostante l’ estrema frammentarietà della testimonianza esiodea, ritiene che secondo il poeta di Ascra Fineo sarebbe stato punito per aver svelato a Frisso troppo dettagliatamente il futuro. 147
II, 1141-42 A„ol…dhn Fr…xon tin’ ¢f’ Èll£doj A%ian ëkésqai ¢trekéwj dokéw pou Þkoúete kaì p£roj a÷to… “Vi era già noto, credo, che Frisso, nipote di Eolo, / venne ad Eea dalla Grecia”. Rispondendo alle domande di Giasone rivolte ai figli di Frisso sulla loro provenienza e stirpe, Argo rievoca la migrazione di suo padre dalla Grecia all’isola di Eea, giudicando questa informazione come probabilmente già nota agli Argonauti - ¢trekéwj dokéw pou Þkoúete kaì p£roj a÷to… -. L’ avverbio ¢trekéwj, accostato da Apollonio al v. 1142 al verbo Þkoúw, indica una conoscenza esatta di una notizia – quella relativa alla partenza di Frisso – acquisita per via orale. L’ “udire” ¢trekéwj si riferisce dunque implicitamente ad una comunicazione avvenuta ¢trekéwj, e dunque “esatta”, in quanto corrispondente ad una realtà oggettiva. L’ avverbio si discosta così dal valore tipico che esso possiede in Omero di resoconto Punkt für Punkt, e consta esclusivamente di quello di “vero”. 148
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menzogne credibili. La contraddizio
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fondamentalmente divenire Þgaqòj
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Va peraltro constatato che Pindaro,
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Poiché in questa iniziale sezione
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CAPITOLO III Eronda: ¢lhqeíh/Þlh
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Gli aggettivi neutri plurali ¢lhq
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Mhtrotímhj œrga Kottálou taûta
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solo sibilo, o un digrignamento di
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Dopo aver rammentato all’ uditori
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L. Malten, Ein neues Bruchstück au
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R. Scodel, Wine, Water and Antheste
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