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Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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affermare l’ atten<strong>di</strong>bilità della sua parentela con Giasone, il re dei<br />

Colchi insinua un dubbio sulla veri<strong>di</strong>cità dell’ appartenenza <strong>degli</strong><br />

Argonauti ad una stirpe <strong>di</strong>vina, <strong>di</strong> cui lo stesso Argo aveva fatto<br />

menzione ai vv. 365-366: ïj dè kaì ïlloi p£ntej, Ósoi sunépontai<br />

˜taîroi, / ¢qan£twn uŒéj te kaì uƒwnoì geg£asin 399 .<br />

L’ incredulità <strong>di</strong> Eeta, qui esternata tramite un sottile sarcasmo, aveva<br />

trovato palese espressione alcuni versi prima, allorché il re, in preda<br />

allo sdegno per la richiesta del vello d’ oro da parte <strong>degli</strong> Argonauti, li<br />

aveva accusati apertamente <strong>di</strong> mentire sulla loro origine <strong>di</strong>vina 400 , v.<br />

381: oŒa dè kaì mak£ressin peyeÚsasqe qeoîsin.<br />

Il cambiamento <strong>di</strong> toni da parte <strong>di</strong> Eeta al v. 402, sembra tra<strong>di</strong>re un<br />

mutato atteggiamento del re, che, da apertamente ostile, si fa più<br />

subdolo a seguito della presa <strong>di</strong> coscienza della possibilità <strong>di</strong> tendere<br />

agli Argonauti un’ insi<strong>di</strong>a <strong>di</strong>fficilmente superabile. In tal modo ciò che<br />

prima era stato bruscamente constatato dal re in preda all’ ira –<br />

peyeÚsasqe – alla luce <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>tata macchinazione viene ventilato<br />

in modo più sottile – e„ gàr t»tumÒn 401 , <strong>di</strong>venendo la strategica<br />

premessa e la motivazione per la quale Eeta legittima sé stesso ad<br />

esigere il superamento della terribile prova.<br />

399<br />

Ai vv. 360-64 Argo rileva la comune origine, sua e <strong>di</strong> Giasone, da Eolo; quella <strong>di</strong> Augia dal Sole e<br />

quella <strong>di</strong> Telamone da Eaco, figlio <strong>di</strong> Zeus: ¥mfw gàr Krhqhùj 'Aq£maj t’ œsan A„Òlou uŒej, /<br />

Fr…xoj d’ aât’ 'Aq£mantoj œhn p£ij A„ol…dao. / TÒnde d’ ¥r’, :Hl…ou gÒnon œmmenai e‡ tin’<br />

ÞkoÚeij / dérkeai AÙge…hn: Telamën d’ Óde, kud…stoio / Aêakoû ækgegaÍj, Zeùj d’ Aêakòn<br />

aÙtòj œtikten.<br />

400<br />

Vian 1961, p. 65, ritiene tuttavia che peyeÚsasqe debba essere messo in relazione con i vv. 336-<br />

39, in cui Argo osserva che qualora il vello d’ oro non avesse fatto ritorno in Grecia, gli Eoli<strong>di</strong> sarebbero<br />

stati vittima dell’ ira <strong>di</strong> Zeus: pémpei deûro néesqai ¢m»canon: oÙd’ ØpalÚxein / steûtai<br />

¢meil…ktoio Diòj qumalgéa mÁnin / kaì cÒlon, oÙd’ ¥goj Fr…xoio te poinàj / A„olidéwn gene»n,<br />

prìn j `Ell£da kîaj ƒkésqai. Hunter, 1989, p. 141, si <strong>di</strong>mostra più cauto osservando che il verbo<br />

potrebbe presentare un collegamento logico tanto con i vv. 336-39, quanto con il v. 402. Del fatto che il<br />

verbo debba essere ricollegato a quanto Eeta afferma al v. 402, è invece pienamente convinto Campbell,<br />

1994, p. 326; cfr. anche Id. 1983, p. 106, n. 16.<br />

401<br />

A prescindere dalle parole usate dal re, i <strong>di</strong>vini natali <strong>degli</strong> Argonauti nell’ ottica <strong>di</strong> Eeta non godono<br />

dunque <strong>di</strong> alcuna atten<strong>di</strong>bilità.<br />

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