Visualizza/apri - ART - Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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sarà tramite la sua bocca che le Muse comunicheranno ¢lhqša. È<br />
proprio la formulazione esiodea contenuta in questi versi della Teogonia<br />
ad <strong>apri</strong>re la strada alla comprensione <strong>di</strong> ciò che il poeta arcaico<br />
intendesse per “verità”.<br />
Mosso da un fine paideutico, ai vv. 27-28, Esiodo proclama che la<br />
propria poesia goda <strong>di</strong> maggiore atten<strong>di</strong>bilità rispetto a quella omerica,<br />
la quale, a giu<strong>di</strong>zio del poeta <strong>di</strong> Ascra, narra yeÚdea poll¦ tÚmoisin<br />
Ðmo‹a. La formulazione esiodea, che non va tuttavia interpretata nell’<br />
ottica <strong>di</strong> una critica ra<strong>di</strong>cale nei confronti dell’ epos, palesa l’<br />
acquisizione <strong>di</strong> una maggiore consapevolezza riguardo alla <strong>di</strong>gnità e all’<br />
importanza del ruolo del poeta, ovvero del potenziale ruolo della poesia<br />
quale veicolo <strong>di</strong> “verità” etiche. L’ispirazione da parte delle Muse<br />
onniscienti, testimoni oculari dei fatti passati e in grado <strong>di</strong> vedere il<br />
futuro 12 , non è per Esiodo l’unica garanzia della veri<strong>di</strong>cità del poeta,<br />
poiché le Muse, se lo vogliono, sanno ispirare cose false simili al vero.<br />
L’ investitura poetica <strong>di</strong> Esiodo per mezzo dello skÁptron, e la<br />
sanzione della sua veri<strong>di</strong>cità da parte delle Muse, avvengono, dal punto<br />
<strong>di</strong> vista del poeta, principalmente in conformità alla natura della sua<br />
poesia, la quale è più “verace” dell’ epos omerico poiché ad essa è<br />
sotteso un cosciente fine educativo 13 .<br />
Il valore paideutico della poesia, <strong>di</strong> importanza car<strong>di</strong>nale in una cultura<br />
orale come quella arcaica, rendeva dunque il poeta “maestro <strong>di</strong><br />
ÞlÔqeia” poiché maestro <strong>di</strong> vita, essendo il sapere situato, per volontà<br />
<strong>di</strong>vina, nella sua persona. Sebbene attestazioni autoreferenziali in<br />
questo senso, non siano sempre riscontrabili 14 , il poeta arcaico ne aveva<br />
dunque, come <strong>di</strong>mostra Esiodo, lucida coscienza.<br />
12<br />
Cfr. Theog. vv. 30-32: Kaí moi skÁptron œdon, d£fnhς riqhléoς Ôzon / dréyasai qhhtÒn:<br />
népneusan dé moi aÙd¾n / qéspin, †na kle…oimi t£ t’ ssómena pró t’ ónta. La concezione<br />
dell’atten<strong>di</strong>bilità del poeta in quanto portavoce delle Muse onniscienti, si incontra già in Omero; cfr. Il.<br />
II, 484-486: # Enispe nûn moi, Moûsai, Diòj ; Olúmpia dÍmat’ #ecousai - / ømeîj gàr qeaí æste,<br />
páresté te, #iste te pánta, Ómeîj dè kléoj o%ion Þkoúomen o÷dé ti #idmen. La conoscenza del passato<br />
da parte delle Muse, come osserva Accame, op. cit. 1964, verosimilmente implicava, in una fase<br />
primitiva, la concezione del loro possesso <strong>di</strong> una verità “storica”. Tale concezione doveva almeno<br />
parzialmente appartenere ancora ad Omero ed Esiodo.<br />
13<br />
Cfr. anche il prologo delle Opere, ove Esiodo riba<strong>di</strong>sce la veri<strong>di</strong>cità della propria poesia, in quanto<br />
fonte <strong>di</strong> insegnamento per suo fratello Perse, v. 10:…ægÎ dé ke Pérs+ ætÔtuma muqhsaímhn.<br />
14<br />
Diverso il caso <strong>di</strong> Pindaro, che all’ interno delle sue o<strong>di</strong> ricorre più volte in modo autoreferenziale al<br />
lessico della verità. Tuttavia, come è stato osservato da più <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>oso Pindaro, quando impiega<br />
ÞlÔqeia/ÞlhqÔj o i loro sinonimi, mira principalmente a sancire la sincerità delle proprie preghiere.<br />
Su questo argomento cfr. ad es. Pratt, op. cit., pp. 115-129.<br />
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