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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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immagine dalla mia anima e presentarla agli occhi di coloro che conoscono Alessandria,<br />

certamente o esclamerebbero tutti: "non è essa", o, se mi dicessero: "è proprio essa", ne<br />

sarei molto stupito e contemplandola nella mia anima, o piuttosto l’immagine che ne è<br />

come la pittura, non potrei da me riconoscere che è proprio essa, ma presterei fede a<br />

coloro che l’hanno vista e ne conservano il ricordo. Ma non è così che cerco che cosa sia il<br />

giusto, né così che lo trovo, che lo vedo, né così che mi si approva, quando ne parlo, né<br />

così che approvo quando ne sento parlare, come se si trattasse di qualcosa che ho visto<br />

con gli occhi, o percepito con qualche senso corporeo, o udito da coloro che l’hanno<br />

appreso mediante la conoscenza sensibile. Quando dico, e con piena conoscenza di<br />

causa: "L’anima giusta è quella che, regolando la sua vita e i suoi costumi secondo i<br />

dettami della scienza e della ragione, dà a ciascuno il suo" 35, non penso ad una realtà<br />

assente, come Cartagine; non si tratta di una cosa di cui mi faccio un’immagine<br />

approssimativa, come Alessandria, che questa immagine corrisponda o no alla verità; ma<br />

contemplo una realtà presente, e la contemplo in me, sebbene non sia io stesso ciò che<br />

contemplo, e molti, se mi udranno parlare, mi approveranno. E chiunque mi ascolta e mi<br />

approva con piena conoscenza di causa, vede anche lui in sé ciò che vede anche se non è<br />

egli stesso ciò che vede. Il giusto invece quando parla di questo, vede e dice ciò che è<br />

egli stesso. E dove lo vede anch’egli, se non in se stesso? Ma ciò non può far meraviglia:<br />

dove potrebbe infatti vedere se stesso, se non in se stesso? Ma ciò che stupisce è che<br />

un’anima veda in se stessa ciò che non ha visto in nessun’altra parte, se ne faccia un’idea<br />

vera e veda un’anima veramente giusta sebbene essa sia sì un’anima, ma non l’anima<br />

giusta che vede in se stessa. Forse che c’è un’altra anima giusta nell’anima che non è<br />

ancora giusta? E se non c’è, che anima vede in sé, quando vede e dice ciò che è<br />

un’anima giusta, cosa che non vede in un’altra parte se non in sé, mentre tuttavia essa<br />

non è un’anima giusta? Ciò che essa vede non sarà la verità interiore, presente all’anima<br />

capace di intuirla? Ma tutti non ne sono capaci: e quelli che sono capaci di intuirla non<br />

sono tutto ciò che intuiscono, cioè non sono anch’essi delle anime giuste, benché possano<br />

vedere e dire che cosa sia un’anima giusta. E come potranno diventarlo, se non aderendo<br />

a questo stesso ideale che intuiscono, per modellarsi in conformità di esso e diventare<br />

anime giuste, non accontentandosi di contemplare e dire che è giusta l’anima che ordina<br />

la sua vita e la sua condotta secondo i dettami della scienza e della ragione e distribuisce<br />

a ciascuno ciò che gli spetta, ma per vivere anch’essi secondo giustizia ed improntare ad<br />

essa la loro condotta distribuendo a ciascuno ciò che gli spetta, in modo che non debbano<br />

nulla a nessuno, se non la mutua dilezione 36? E come si aderisce a quell’ideale se non<br />

con l’amore? Perché dunque amiamo noi un altro uomo che riteniamo giusto e non<br />

amiamo quello stesso ideale in cui vediamo che cosa sia un’anima giusta al fine di poter<br />

diventare giusti anche noi? O forse si deve dire che senza amare questo ideale non<br />

ameremmo colui che esso ci fa amare, ma che, fino a quando non siamo ancora giusti,<br />

l’amore di questo ideale è troppo debole per darci la forza di diventare giusti anche noi?<br />

Dunque l’uomo che è ritenuto giusto è amato secondo la verità che contempla ed intuisce<br />

in sé colui che ama; questa verità ideale però non si ama per un motivo diverso, ma per<br />

se stessa. Perché al di fuori di essa non troviamo nulla che le sia simile e che ci permetta,<br />

fintantoché non la conosciamo, di amarla per fede, riferendoci ad un’analogia di un<br />

essere già conosciuto. Infatti tutto ciò che ci appare tale, è già essa stessa; o meglio non<br />

c’è nulla di simile, perché essa sola è tale, quale essa è. Colui dunque che ama gli<br />

uomini, deve amarli perché sono giusti o perché lo diventino. Così infatti deve amare<br />

anche se stesso: o perché è giusto, o per diventare giusto. Allora ama il prossimo come<br />

se stesso 37 senza alcun pericolo. Chi si ama in maniera diversa si ama in maniera<br />

ingiusta, perché si ama per essere ingiusto, dunque per essere cattivo e di conseguenza<br />

non si ama; infatti: Chi ama l’iniquità odia la sua anima 38.<br />

Cercare Dio interiormente<br />

7. 10. Perciò in questa questione sulla Trinità e la conoscenza di Dio dobbiamo<br />

principalmente indagare che cosa sia il vero amore, o meglio, che cosa sia l’amore,<br />

perché non c’è amore degno di tal nome che quello vero: il resto è concupiscenza. Ed è<br />

improprio dire che amano gli uomini dominati dalla concupiscenza, come dire che sono<br />

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