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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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lo vogliono, se vivere felici consiste unicamente nel vivere in conformità alla virtù<br />

dell’anima, cosa che molti non vogliono 28 . Sarebbe dunque falsa l’affermazione di cui lo<br />

stesso famoso accademico Cicerone non dubitò (mentre gli Accademici dubitano di tutto),<br />

quando, volendo porre come punto di partenza della discussione, nel suo dialogo<br />

intitolato: "Ortensio", una certezza che nessuno potesse contestare, scrisse: È certo che<br />

tutti vogliamo essere beati 29 ? Lungi da noi il dire che questo è falso. Che dobbiamo allora<br />

pensare? Bisognerà dire che vivere felici non è altro che vivere in conformità alla virtù<br />

dell’anima e che, tuttavia, anche colui che non vuole vivere virtuosamente, vuole vivere<br />

felice? Questa sembra una affermazione troppo assurda. È infatti come se dicessimo:<br />

"Anche colui che non vuol vivere felice, vuol vivere felice". Chi potrebbe accettare,<br />

tollerare questa contraddizione? E tuttavia si è ad essa costretti per forza di cose, se da<br />

una parte è vero che tutti vogliono vivere felici, e d’altra parte non tutti vogliono vivere<br />

nel modo che solo permette di vivere felici.<br />

È beato solo colui che ha ciò che vuole e non vuole nulla di male<br />

5. 8. Ma forse un rilievo ci farà uscire da questo vicolo cieco: poiché, come abbiamo<br />

detto, ciascuno ha riposto la vita beata in ciò che gli ha procurato il più grande diletto,<br />

come Epicuro nel piacere, Zenone nella virtù, altri in molte altre cose 30 , non potremmo<br />

dire che vivere felici non è altra cosa che vivere secondo ciò che ci procura il più grande<br />

diletto e di conseguenza non è falso che tutti vogliono vivere felici 31 , perché tutti vogliono<br />

vivere secondo ciò che loro procura diletto? Infatti anche in questo, se fosse stato<br />

proclamato davanti alla folla in teatro, tutti riconoscerebbero una loro aspirazione. Ma<br />

anche Cicerone si è posto questa difficoltà e la confuta in modo da far arrossire quelli che<br />

pensano in tal modo. Dice infatti: Ecco, non certo i filosofi, ma le persone inclini a<br />

discutere, dicono che sono beati tutti coloro che vivono come vogliono 32 , che è la stessa<br />

cosa che noi dicevamo: "secondo ciò che loro procura diletto". Ma egli aggiunge: Questo<br />

è certamente un errore. Non c’è nulla di più misero che volere ciò che non conviene e<br />

non è cosa tanto miserevole il non conseguire ciò che si vuole, quanto il voler conseguire<br />

ciò che non bisognerebbe volere 33 . Affermazione stupenda e perfettamente vera. Chi<br />

infatti sarebbe così cieco spiritualmente, così estraneo alla luce del bene, così avviluppato<br />

nelle tenebre del male da chiamare felice, perché vive come vuole, colui che vive nella<br />

nequizia e nella vergogna e che, senza che alcuno né lo impedisca, né lo punisca, senza<br />

che ci sia nessuno che almeno osi riprenderlo, anzi per di più lodato dai più (perché,<br />

secondo l’affermazione della divina Scrittura: Si glorifica il peccatore per i desideri della<br />

sua anima e colui che compie il male è applaudito) 34 , compie le sue più criminali e più<br />

infami volontà, quando la sua miseria, pur rimanendo egli misero, sarebbe minore, se<br />

non avesse potuto conseguire ciò cui aspira la sua volontà perversa? Infatti anche la<br />

volontà cattiva, da sola, rende misero l’uomo, ma il potere di compiere il desiderio di una<br />

volontà cattiva lo rende ancora più misero. Perciò, poiché è vero che tutti gli uomini<br />

vogliono essere beati, che questo è il solo fine cui aspirano con un amore ardentissimo, e<br />

in vista di questo desiderano anche tutte le cose, e, d’altra parte, nessuno può amare ciò<br />

di cui ignora del tutto la natura e la qualità e nessuno può ignorare la natura di ciò che sa<br />

di volere, ne consegue che tutti sanno che cos’è la vita beata. Ora tutti coloro che sono<br />

felici hanno ciò che vogliono, sebbene non tutti coloro che hanno ciò che vogliono siano<br />

necessariamente felici; ma sono necessariamente infelici coloro che o non hanno ciò che<br />

vogliono, o hanno ciò che non desiderano rettamente. Non è dunque beato se non colui<br />

che nello stesso tempo ha tutto ciò che vuole e non vuole nulla di male.<br />

La prima condizione della beatitudine: vivere in conformità al bene<br />

6. 9. Se dunque la vita beata consta di questi due elementi, è da tutti conosciuta, da tutti<br />

amata, come si spiega che, quando non possono possedere queste due cose insieme, gli<br />

uomini preferiscono possedere tutto ciò che vogliono piuttosto di volere tutto con una<br />

volontà buona, anche se dovessero non possederlo? O è così grande la depravazione del<br />

genere umano che, sebbene sappiano gli uomini che non è beato colui che non possiede<br />

ciò che vuole, né colui che possiede ciò che vuole in maniera colpevole, ma solo colui che<br />

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