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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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divenga buono, con la luce della ragione incorruttibile e purissima - che inonda della sua<br />

serena eternità lo sguardo del mio spirito e quella nube dell’immaginazione che vedo al di<br />

sotto, quando penso a quell’uomo che avevo visto. Così quando mi ricordo un arco<br />

curvato in forma bella ed esatta, che ho visto, per esempio, a Cartagine, l’oggetto<br />

materiale trasmesso allo spirito per mezzo degli occhi, passato nella memoria, suscita<br />

una rappresentazione immaginaria. Ma ciò che contemplo con lo spirito, secondo cui<br />

approvo la sua bellezza, e secondo cui lo correggerei se non mi piacesse, è tutt’altra<br />

cosa. E così giudichiamo di queste cose corporee secondo la verità eterna che percepisce<br />

l’intuizione dell’anima razionale. Queste cose invece, se presenti, noi le tocchiamo con i<br />

sensi del corpo; se assenti ricordiamo le loro immagini conservate nella memoria, o<br />

secondo la loro rassomiglianza, le immaginiamo tali come le faremmo nella realtà, se ne<br />

avessimo la volontà e i mezzi. Una cosa è dunque rappresentarsi con l’anima (animus) le<br />

immagini dei corpi, o vedere per mezzo del corpo le cose materiali, altra cosa intuire con<br />

la pura intelligenza, al di sopra dello sguardo dello spirito, le ragioni e l’arte<br />

ineffabilmente bella di tali immagini.<br />

La generazione del verbo umano<br />

7. 12. Dunque in quella eterna verità, secondo la quale sono state create tutte le cose<br />

temporali, vediamo, con lo sguardo dello spirito, la forma che è il modello del nostro<br />

essere, e di quanto facciamo in noi o nei corpi, quando agiamo secondo la vera e retta<br />

ragione; e la conoscenza vera che grazie ad essa noi concepiamo l’abbiamo come verbo<br />

presso di noi, un verbo che generiamo dicendolo al di dentro di noi e che nascendo non si<br />

separa da noi. Quando parliamo ad altri, restando il verbo a noi immanente, ricorriamo<br />

all’aiuto della parola o di un segno sensibile per provocare anche nell’anima di chi ascolta,<br />

mediante un’evocazione sensibile, un qualcosa di somigliante a ciò che permane<br />

nell’anima di chi parla. Così nulla facciamo con le membra del nostro corpo, nei gesti o<br />

nelle parole, con cui approviamo o disapproviamo la condotta degli uomini, che non<br />

anticipiamo con un verbo espresso nell’intimo di noi stessi. Nessuno infatti fa qualcosa<br />

volontariamente, che prima non l’abbia detto nel suo cuore.<br />

7. 13. Questo verbo è concepito per amore o della creatura o del Creatore, cioè o della<br />

natura mutevole, o della verità immutabile.<br />

Concupiscenza e carità<br />

8. È dunque per concupiscenza o per carità; non che non si debba amare la creatura, ma<br />

se questo amore viene riferito al Creatore, non sarà più concupiscenza, ma carità. C’è<br />

infatti concupiscenza, quando la creatura è amata per se stessa. Allora non è più di utilità<br />

per chi ne usa, ma corrompe chi di essa fruisce. Dato perciò che la creatura o ci è uguale<br />

o ci è inferiore, bisogna usare di quella inferiore in vista di Dio, fruire invece di quella<br />

uguale, ma in Dio. Come infatti tu devi compiacerti di te stesso, non in te stesso bensì in<br />

Colui che ti ha creato, così pure di colui che ami come te stesso. Di noi dunque e dei<br />

fratelli fruiamo in Dio e non osiamo abbandonarci a noi stessi e lasciarci trascinare, per<br />

così dire, verso il basso. Il verbo nasce quando un pensiero ci attira al peccato o a far<br />

bene. Mediatore tra il nostro verbo e la mente da cui è generato, l’amore dunque li unisce<br />

e si stringe con loro due, come terzo elemento, in un abbraccio spirituale senza con essi<br />

confondersi.<br />

Il verbo nell’amore delle cose spirituali e nell’amore delle cose carnali<br />

9. 14. Il verbo è identico nella sua concezione e nella sua nascita, quando la volontà si<br />

riposa nella conoscenza, cosa che accade nell’amore delle cose spirituali. Colui che, per<br />

esempio, conosce perfettamente ed ama perfettamente la giustizia, è già giusto, anche<br />

prima che debba tradurre questo ideale di giustizia in un atto esteriore mediante le<br />

membra del corpo. Al contrario, nell’amore delle cose carnali e temporali, è come nella<br />

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