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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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farci comprendere Dio, nella misura in cui è possibile, tuttavia niente è più adatto di ciò<br />

che, non senza fondamento, è chiamato immagine di Dio. Nessuno si meravigli dunque -<br />

dato il modo di vedere che ci è concesso durante questa vita, cioè attraverso uno<br />

specchio e in enigma - dello sforzo che dobbiamo fare per vedere in qualche modo.<br />

Perché se fosse facile vedere, non si incontrerebbe in questo passo la parola "enigma". E<br />

l’enigma è ancora più grande per questo: che non vediamo ciò che non possiamo non<br />

vedere. Infatti chi non vede il suo pensiero? E chi vede il suo pensiero, non dico con gli<br />

occhi della carne, ma con lo sguardo interiore? Chi non lo vede e chi lo vede? Perché il<br />

pensiero è una specie di visione dell’anima, sia che siano presenti gli oggetti che anche<br />

gli occhi del corpo possono vedere o gli altri sensi possono percepire, sia che tali oggetti<br />

siano assenti e con il pensiero si vedano le loro immagini; sia che non venga pensato<br />

nulla di questo, ma si pensino cose che non sono corporee, né sono immagini di cose<br />

corporee, così si pensano le virtù e i vizi e lo stesso pensiero pensa se stesso; sia che si<br />

pensino le conoscenze trasmesse dalle scienze e dalle arti liberali; sia che si pensino le<br />

cause superiori di tutte queste cose o le loro ragioni nella natura immutabile; sia che si<br />

pensino cose cattive, futili e false, sia che non vi consenta il senso, sia che erri il<br />

consenso.<br />

Il verbo dello spirito specchio ed enigma del Verbo divino<br />

10. 17. Ma parliamo ora di queste cose già conosciute alle quali pensiamo e che restano<br />

nella nostra conoscenza anche quando non le pensiamo, sia che si tratti di cose che<br />

appartengono alla scienza contemplativa, che si deve chiamare propriamente sapienza,<br />

sia che appartengano alla scienza attiva, che si deve chiamare propriamente scienza,<br />

come ho spiegato. L’una e l’altra insieme appartengono infatti allo stesso spirito e<br />

costituiscono una sola immagine di Dio. Se si tratta in modo più speciale ed<br />

esclusivamente di quella che è inferiore, non bisogna allora dire che è immagine di Dio,<br />

sebbene anche allora vi si possa trovare qualche somiglianza della Trinità, come ho<br />

mostrato nel libro tredicesimo 97 . Ora dunque noi parliamo della scienza dell’uomo<br />

considerata in tutta la sua estensione, scienza nella quale conosciamo tutte le cose che<br />

conosciamo; cose vere di certo, altrimenti non le conosceremmo. Infatti nessuno conosce<br />

le cose false, se non quando sa che sono false e, se conosce ciò, conosce il vero, perché<br />

è vero che quelle cose sono false. Ora discutiamo dunque delle cose conosciute alle quali<br />

pensiamo e che conosciamo, anche se non le pensiamo. Ma non c’è dubbio che, se<br />

vogliamo esprimerle, non lo possiamo fare che se le pensiamo. Infatti, sebbene non vi sia<br />

il suono delle parole, sempre parla nel suo cuore colui che pensa. Per questo vi è la<br />

seguente espressione nel libro della Sapienza: Dissero nel loro interno pensando male 98 .<br />

Il senso delle parole: Dissero nel loro interno è spiegato dalla parola pensando. Vi è nel<br />

Vangelo un testo analogo; vi si narra che alcuni Scribi udendo il Signore dire al paralitico:<br />

Confida, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati; dissero dentro di sé: Costui bestemmia 99 .<br />

Che significa infatti: Dissero dentro di sé, se non "dissero pensando"? Infine il testo<br />

continua: Ma Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: Perché pensate il male nei vostri<br />

cuori? 100 . Così Matteo. Ma Luca racconta lo stesso avvenimento in questi termini: Gli<br />

Scribi e i Farisei incominciarono a pensare, dicendo: Chi è costui che pronuncia<br />

bestemmie? Chi può rimettere i peccati se non Iddio solo? Ma Gesù, conoscendo i loro<br />

pensieri, rispose loro dicendo: Che pensate nei vostri cuori? 101 . Come nel Libro della<br />

Sapienza c’è: Dissero pensando, qui c’è: Pensarono dicendo. L’uno e l’altro testo<br />

mostrano che parlare dentro di sé e nel proprio cuore equivale a parlare pensando. I<br />

Farisei hanno parlato dentro di sé, e il Signore ha detto loro: Che pensate? Allo stesso<br />

modo, a proposito di quel ricco, i cui campi avevano prodotto frutti copiosi, il Signore<br />

dice: E pensava dentro di sé, dicendo 102 .<br />

10. 18. I pensieri dunque sono una specie di linguaggio del cuore, nel quale il Signore ci<br />

mostra che esiste una bocca, quando dice: Non ciò che entra nella bocca contamina<br />

l’uomo, ma ciò che esce dalla bocca, questo contamina l’uomo 103 . In una sola frase il<br />

Signore parla in qualche modo di due bocche dell’uomo: una del corpo, una del cuore.<br />

Perché è evidente che secondo l’opinione dei Giudei, ciò che contamina l’uomo entra per<br />

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