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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere<br />

testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui 4 . Questo è accaduto nel<br />

tempo ed appartiene alla scienza, oggetto di conoscenza storica. Ma noi ci<br />

rappresentiamo con l’immaginazione l’uomo Giovanni grazie a quella conoscenza della<br />

natura umana che è compresa nella nostra memoria. E questa rappresentazione è<br />

identica per tutti, sia che credano, sia che non credano a tutto ciò che il testo afferma.<br />

Infatti sia agli uni che agli altri è noto che cosa sia l’uomo; la parte esteriore dell’uomo,<br />

cioè il corpo, l’hanno vista per mezzo degli occhi del corpo; la parte interiore invece, cioè<br />

l’anima, la conoscono in se stessi, perché anch’essi sono uomini, e per mezzo delle<br />

relazioni che intrattengono con gli altri uomini. Dunque possono rappresentarsi ciò che<br />

significano queste parole: Vi fu un uomo il cui nome era Giovanni, perché sanno anche<br />

che cosa sono i nomi a forza di pronunciarli o udirli pronunciare. Ma ciò che è aggiunto:<br />

mandato da Dio, è una affermazione che accolgono quelli soltanto che l’accolgono con la<br />

fede, e quelli che non l’accolgono con la fede, o il loro dubbio li impedisce di pronunciarsi,<br />

o se ne burlano con la loro incredulità. Sia gli uni che gli altri, tuttavia, a meno che non<br />

appartengano al numero di coloro che troppo insensati dicono nel loro cuore: Non c’è Dio<br />

5<br />

, udendo queste parole, pensano a ciò che è Dio, e ciò che è venire inviato da Dio; e se<br />

non pensano queste cose come sono in realtà, le pensano di certo come possono.<br />

Come vediamo la fede che esiste in noi<br />

1. 3. Ma conosciamo in un altro modo la fede che ciascuno vede nel suo cuore, se crede,<br />

o non vede, se non crede. Non la conosciamo come conosciamo i corpi che vediamo con<br />

gli occhi del corpo ed ai quali pensiamo, anche quando non sono presenti, grazie alle loro<br />

immagini impresse nella memoria, né come conosciamo quelle cose che non abbiamo<br />

visto e delle quali, a partire dalle cose viste, ci formiamo un’idea approssimativa, che<br />

affidiamo alla memoria al fine di ricorrere ad essa quando vogliamo, per contemplare,<br />

ricordandocene, con maggiore o minore esattezza queste cose o, meglio, le loro immagini<br />

più o meno fedeli; non la conosciamo nemmeno come conosciamo un uomo vivente,<br />

perché, sebbene non abbiamo visto la sua anima, ce ne facciamo un’idea a partire dalla<br />

nostra e, interpretando i movimenti del corpo di questo uomo, come abbiamo appreso<br />

per mezzo degli occhi che è un uomo vivente, lo intuiamo anche con il pensiero. Non così<br />

è vista la fede nel cuore, in cui è, da colui al quale appartiene, ma la vede con una<br />

scienza indubitabile e la coscienza proclama la sua esistenza. Sebbene dunque ci sia<br />

comandato di credere, perché non possiamo vedere ciò che ci è comandato di credere,<br />

tuttavia la fede stessa, quando è in noi, la vediamo in noi, perché la fede è presente,<br />

anche quando concerne cose assenti; è interiore, anche quando concerne cose esteriori;<br />

si vede, anche quando concerne cose che non si vedono. E tuttavia la fede incomincia ad<br />

esistere nel cuore degli uomini 6 ad un certo momento del tempo; e se da credenti<br />

diventano increduli, essa scompare e li abbandona. A volte poi la fede si applica anche a<br />

cose false; ci accade di dire infatti: "Ha creduto questo, ma la sua fede lo ha ingannato".<br />

Una tale fede, ammesso che questa si debba chiamar fede, scompare dai cuori senza che<br />

vi sia colpa, quando la scaccia la scoperta della verità. Invece è cosa desiderabile che la<br />

fede prestata alle cose vere passi alla realtà di queste cose, perché non si deve dire che<br />

la fede perisce quando si vedono le cose che si credevano. Ma forse che bisogna<br />

chiamarla ancora fede, se nell’Epistola agli Ebrei la fede è stata definita ed è detto che<br />

essa è la certezza delle cose che non si vedono 7 ?<br />

Nella narrazione di Giovanni vi sono cose che si conoscono coi sensi, altre con la ragione<br />

1. 4. Ecco ora il seguito del testo: Egli venne come testimone, per rendere testimonianza<br />

alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui 8 , riguarda, come abbiamo detto,<br />

un’azione temporale. Infatti è nel tempo che si rende testimonianza sia pure di una realtà<br />

eterna, come è la luce intelligibile. È per rendere testimonianza a questa luce che venne<br />

Giovanni, il quale non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce 9 . Infatti<br />

l’Evangelista prosegue: Esisteva la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo<br />

mondo. Egli era nel mondo ed il mondo è stato fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo<br />

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