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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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contemplazione di Dio, che sarà il premio supremo dei santi; tuttavia dove l’Apostolo<br />

dice: Ad uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della sapienza, ad un altro il<br />

linguaggio della scienza secondo lo stesso Spirito 86 , distingue, senza dubbio, l’una<br />

dall’altra, benché non spieghi la natura della loro differenza, e i caratteri che permettano<br />

di distinguerle. Ma dopo aver scrutato le molteplici ricchezze delle sante Scritture, trovo<br />

scritta nel libro di Giobbe questa sentenza del santo uomo: Ecco, la pietà è la sapienza,<br />

la fuga dal male è la scienza 87 . Questa distinzione ci fa comprendere che la sapienza<br />

riguarda la contemplazione, la scienza l’azione. In questo passo Giobbe identifica la pietà<br />

con il culto di Dio, che in greco si dice<br />

. È questa la parola che si trova presso i<br />

codici greci in questo passo. E fra le cose eterne che vi è di più eccellente di Dio, che solo<br />

possiede una natura immutabile? E che è il culto di Dio, se non l’amore di lui, amore che<br />

ci fa desiderare di vederlo, che ci fa credere e sperare che lo vedremo, perché nella<br />

misura in cui progrediamo lo vediamo ora per mezzo di uno specchio, in enigma, ma un<br />

giorno lo vedremo nella sua piena manifestazione? È ciò che dice l’apostolo Paolo quando<br />

parla della "visione" faccia a faccia 88 ; è anche quello che dice l’apostolo Giovanni:<br />

Carissimi, ora siamo figli di Dio, e ciò che saremo un giorno non è stato ancora<br />

manifestato; ma sappiamo che al momento di questa manifestazione saremo simili a lui,<br />

perché lo vedremo come è 89 . In questi passi e in passi simili si tratta proprio, mi pare,<br />

della sapienza 90 . Astenersi invece dal male 91 , ciò che Giobbe chiama scienza, appartiene<br />

certamente all’ordine delle cose temporali. Perché è in quanto siamo nel tempo che<br />

siamo soggetti al male, che dobbiamo evitare, per giungere ai beni eterni. Perciò tutto<br />

quanto compiamo con prudenza, forza, temperanza e giustizia, appartiene a quella<br />

scienza o regola di condotta, che guida la nostra azione nell’evitare il male e nel<br />

desiderare il bene; e le appartiene pure tutto ciò che, come esempio da evitare o da<br />

imitare e come conoscenza necessaria tratta da avvenimenti adatti ad illuminare la<br />

nostra vita, raccogliamo attraverso la conoscenza della storia.<br />

La sapienza è conoscenza delle cose eterne<br />

14. 23. Quando si parla di queste cose mi pare che il discorso riguardi la scienza e vada<br />

distinto da quello che concerne la sapienza 92 alla quale non appartengono né le cose<br />

passate né le future, ma quelle che sono presenti, e a causa di quella eternità in cui<br />

esistono, si chiamano passate, presenti e future senza alcuna mutazione di tempo. Infatti<br />

non sono passate in modo che abbiano cessato di esistere, o future come se non<br />

esistessero ancora, ma esse hanno avuto sempre lo stesso essere e sempre l’avranno.<br />

Permangono infatti, non però fisse in un’estensione spaziale come i corpi; ma nella loro<br />

natura incorporea le realtà intelligibili sono presenti allo sguardo dello spirito, come i<br />

corpi sono visibili e tangibili ai sensi corporei. Ma non soltanto le ragioni intelligibili e<br />

incorporee delle cose sensibili, situate nello spazio, sussistono indipendentemente da ogni<br />

estensione, bensì anche quelle dei movimenti che passano nel tempo permangono<br />

indipendenti da ogni divenire temporale, essendo intelligibili, non sensibili. Giungere ad<br />

attingerle con lo sguardo dello spirito è privilegio di pochi e quando vi si giunge, nei limiti<br />

del possibile, non vi permane colui stesso che vi è giunto, ma ne è come respinto dallo<br />

stesso offuscamento dello sguardo, e si ha così un pensiero passeggero di una cosa che<br />

non passa. Tuttavia questo pensiero, avanzando attraverso quelle discipline che<br />

istruiscono l’anima, è affidato alla memoria, cosicché abbia dove ritornare, esso che è<br />

costretto ad allontanarsi. Tuttavia se il pensiero non ritornasse alla memoria e se non vi<br />

ritrovasse ciò che le aveva affidato, come un ignorante sarebbe ricondotto a questo,<br />

come vi era stato condotto prima, e lo troverebbe dove l’aveva trovato prima, cioè in<br />

quella verità incorporea, da cui trarrebbe di nuovo una specie di copia che fisserebbe<br />

nella memoria. Infatti non allo stesso modo, per esempio, che permane la ragione<br />

incorporea ed immutabile di un corpo quadrato, può permanere ad essa unito il pensiero<br />

dell’uomo, supponendo tuttavia che vi sia potuto giungere senza rappresentazione<br />

spaziale. O ancora, se si coglie il ritmo di un’armonia melodiosa che scorre nel tempo,<br />

come immobile al di fuori del tempo in una specie di segreto e di profondo silenzio 93 , vi si<br />

può pensare almeno per il periodo di tempo in cui si può udire quel canto; tuttavia<br />

quanto di ciò ha trattenuto lo sguardo, sebbene fugace, dello spirito ed ha depositato<br />

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