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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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nello stesso tempo ha tutti i beni che vuole e non vuole nulla in maniera colpevole,<br />

quando manchi uno dei due fattori che sono essenziali alla vita beata, si scelga di<br />

preferenza ciò che ci allontana di più dalla vita beata (perché è più lontano dalla vita<br />

beata chiunque consegua ciò che desidera in maniera colpevole, di colui che non<br />

consegua ciò che desidera), quando si sarebbe dovuto piuttosto scegliere ed anteporre a<br />

tutto la volontà buona, anche se non consegue ciò che desidera? È prossimo alla<br />

beatitudine infatti colui che vuole con volontà buona tutto ciò che vuole e che, una volta<br />

che l’avrà conseguito, sarà beato. È evidente che non è il male, ma il bene che causa la<br />

felicità dell’uomo felice, nel momento in cui la causa. Possiede qualcosa di questo bene,<br />

qualcosa che non è di poco valore, cioè la stessa buona volontà, colui che desidera<br />

trovare la sua gioia nelle cose buone di cui è capace l’umana natura e non nel compiere e<br />

possedere qualcosa di male e quei beni, beni quali possano già esistere in questa misera<br />

vita, li persegue con prudenza, temperanza, forza e giustizia interiore e li attinge, nella<br />

misura che gli è concessa, in modo da essere buono anche in mezzo ai mali e da essere<br />

beato una volta che saranno cessati tutti i mali e tutti i beni avranno raggiunto la loro<br />

pienezza.<br />

La seconda condizione: avere ciò che si vuole<br />

7. 10. Ecco perché in questa vita mortale, così piena di errori e di miserie, è<br />

supremamente necessaria la fede con cui si crede in Dio. Infatti per tutti i beni, di<br />

qualsiasi genere, in particolar modo per quelli che rendono l’uomo buono e per quelli che<br />

lo renderanno beato non si può trovare altro fonte, eccetto Dio, dal quale vengano<br />

nell’uomo e siano messi alla sua portata. Ma quando colui che rimase giusto e buono fra<br />

queste miserie sarà giunto da questa vita alla vita beata, allora si realizzerà ciò che<br />

adesso è del tutto impossibile: l’uomo vivrà come vuole. Perché non desidererà vivere<br />

male in quella felicità, non vorrà nulla che gli manchi, né gli mancherà nulla di ciò che<br />

vuole. Tutto ciò che si amerà, ci sarà, né si desidererà ciò che non ci sarà. Tutto ciò che<br />

ci sarà, sarà bene, e il Dio supremo sarà il Bene supremo 35 , e sarà alla portata di tutti<br />

coloro che lo amano perché ne fruiscano e, cosa che riempie di beatitudine, si avrà la<br />

certezza che sarà sempre così. Ma di fatto i filosofi, ciascuno a suo modo, si costruirono<br />

la loro propria vita beata, come se potessero, con la loro virtù personale, vivere come<br />

volevano 36 , cosa impossibile nella comune condizione di mortali. Sapevano infatti che<br />

nessuno può essere beato se non avendo ciò che vuole e se non soffre nulla di ciò che<br />

non vuole. Ma quale uomo non si augurerebbe che fosse in suo potere di conservare<br />

eternamente quella vita, qualunque essa sia, in cui trova la sua gioia, e che per questo<br />

motivo chiama beata? Ma chi ha questo potere? Chi vuole essere in preda alle difficoltà<br />

per sopportarle con coraggio, ancorché le voglia e le possa tollerare, nel caso che le<br />

patisca? Chi vorrebbe vivere nei tormenti, sebbene sia uno che può, conservandosi in<br />

mezzo ad essi giusto tramite la pazienza, condurre una vita degna di lode? Coloro che<br />

hanno sopportato questi mali li hanno considerati come passeggeri, o desiderando di<br />

avere o temendo di perdere ciò che amavano, sia che l’abbiano fatto con amore colpevole<br />

o con amore degno di lode. Perché molti, attraverso i mali passeggeri, hanno mirato, con<br />

animo coraggioso, ai beni permanenti. Costoro sono beati in speranza, anche quando<br />

sono in mezzo ai mali passeggeri, attraverso i quali giungono ai beni che non passano.<br />

Ma chi è beato in speranza non è ancora beato: aspetta infatti con pazienza la<br />

beatitudine che ancora non possiede. Colui invece che senza questa speranza, senza aver<br />

in vista una tale ricompensa, è in preda ai tormenti, qualunque sia la sua forza di<br />

sopportazione, non è beato in verità, ma infelice con coraggio. Né si può dire che non è<br />

infelice, perché sarebbe più infelice se, oltre tutto, sopportasse la sua infelicità senza<br />

alcuna pazienza. Si deve anzi aggiungere che, pur supponendo che non soffra quei mali<br />

che non vorrebbe soffrire nel suo corpo, nemmeno in tal caso si ha da ritenere felice,<br />

perché non vive come vuole. Infatti, senza parlare di un’infinità di altri mali, che<br />

colpiscono l’anima, pur non toccando il corpo, e dai quali vorremmo vivere immuni, in<br />

ogni caso questi vorrebbe, se potesse, che il conservare sano ed integro il suo corpo, il<br />

non soffrire a causa di esso molestia alcuna, dipendessero dalla sua volontà o gli fossero<br />

garantiti dall’incolumità del suo corpo stesso; poiché non ha questo privilegio e resta<br />

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