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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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conosce tutto alla stessa maniera, in se stesso, come ciò che è nato da quanto il Padre<br />

conosce in se stesso; nel Padre invece come ciò da cui è nato quello che il Figlio stesso<br />

conosce in sé. Il Padre e il Figlio hanno dunque una conoscenza reciproca, ma il primo<br />

generando, il secondo nascendo. E tutto ciò che è nella loro scienza, sapienza ed<br />

essenza, ciascuno di loro lo vede simultaneamente, non separatamente o isolatamente,<br />

come se con il suo sguardo passasse alternativamente da un oggetto all’altro ritornando<br />

dal secondo al primo, e poi di nuovo lasciasse questo o quell’altro per fissarsi su questo o<br />

su quello, come se non potesse vedere una cosa che cessando di vederne un’altra; ma,<br />

come ho detto, vede insieme tutte le cose e non ce n’è alcuna che non sia sempre vista<br />

da ciascuno di essi.<br />

Differenze tra il nostro verbo e il Verbo divino. Il nostro verbo non è sempre vero né<br />

permanente<br />

14. 24. Per quanto concerne il nostro verbo, quel verbo che non comporta suono né<br />

pensiero di un suono, ma è espressione di quella realtà che, vedendola, diciamo<br />

interiormente e perciò non appartiene ad alcuna lingua e di conseguenza in questo<br />

enigma ha una certa somiglianza con quel Verbo di Dio, Dio egli pure, perché anch’esso<br />

nasce dalla nostra scienza, come quello divino è nato dalla scienza del Padre. Per quanto<br />

concerne questo nostro verbo, dunque, se vi abbiamo riscontrato una qualche<br />

somiglianza con quello divino, non esitiamo affatto a considerare anche fino a che punto<br />

ne è dissimile, nella misura in cui ci sarà possibile dirlo.<br />

15. Il nostro verbo nasce forse dalla nostra scienza sola? Non diciamo anche molte cose<br />

che non sappiamo? E quando diciamo tali cose non dubitiamo a loro riguardo, ma le<br />

diciamo ritenendo che siano vere. Supponiamo che per caso esse siano vere, esse sono<br />

vere nelle cose stesse di cui parliamo, ma non lo sono nel nostro verbo, poiché è vero<br />

solo quel verbo che è generato da ciò che si sa. Il nostro verbo è perciò falso, in questo<br />

caso, non perché vi sia menzogna, ma perché vi è errore. Quando invece dubitiamo, non<br />

vi è ancora un verbo concernente la realtà di cui dubitiamo, ma c’è un verbo concernente<br />

il dubbio stesso. Infatti, sebbene non sappiamo se sia vero ciò di cui dubitiamo, tuttavia<br />

noi sappiamo di dubitare e dunque quando diciamo di dubitare, c’è un verbo vero, perché<br />

diciamo ciò che conosciamo. Ora, che pensare del fatto che possiamo anche mentire?<br />

Quando mentiamo, è volontariamente e scientemente che abbiamo un verbo falso: in<br />

questo caso c’è un verbo vero e concerne il fatto che noi mentiamo perché sappiamo di<br />

mentire. E quando confessiamo di aver mentito, diciamo il vero; diciamo infatti ciò che<br />

sappiamo 156 , perché sappiamo di aver mentito. Ora il Verbo che è Dio, ed è più potente di<br />

noi, non può mentire. Perché egli non può fare nulla, se non ciò che ha visto fare dal<br />

Padre 157 . Egli non parla da se stesso, ma tutto ciò che dice gli viene dal Padre, perché il<br />

Padre dice unicamente il suo Verbo 158 , ed è un grande potere di questo Verbo il non poter<br />

mentire; perché in lui non vi può essere sì e no, ma soltanto sì, sì; no, no 159 . Certo non si<br />

dovrebbe nemmeno dire verbo, quello che non è vero. Che debba essere così ne<br />

convengo volentieri. Ma quando il nostro verbo è vero e merita dunque il nome di verbo,<br />

si può dire forse, come si può dire che è visione da visione, scienza da scienza, che è<br />

essenza da essenza, come lo si dice per eccellenza e come lo si deve dire per eccellenza<br />

del Verbo di Dio 160 ? No, senza dubbio. Perché questo? Perché per noi essere non è la<br />

stessa cosa che conoscere. Infatti conosciamo molte cose che vivono, per dir così, per<br />

opera della memoria, muoiono per così dire, a causa dell’oblio; anche quando esse non<br />

esistono più nella nostra conoscenza, noi tuttavia continuiamo ad esistere; e quando la<br />

nostra scienza abbia abbandonato la nostra anima fino a scomparire completamente da<br />

noi, tuttavia noi continuiamo a vivere.<br />

15. 25. Anche le cose che si conoscono in tal modo, che non è possibile dimenticarle,<br />

perché ci sono sempre presenti e sono inseparabili dalla natura dell’anima stessa, per<br />

esempio il fatto di sapere che viviamo (è questa una conoscenza che resta fino a quando<br />

resta l’anima, e, poiché l’anima resta sempre, anch’essa sempre resta); questa<br />

conoscenza dunque ed altre simili, se se ne trovano, nelle quali principalmente si ha da<br />

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