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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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la bocca del corpo, mentre, secondo l’affermazione del Signore, ciò che contamina l’uomo<br />

esce dalla bocca del cuore 104 . Così infatti egli stesso ha spiegato le sue parole. Perché<br />

poco dopo su questo argomento dice ai suoi discepoli: Siete ancora, anche voi, senza<br />

intelligenza? Non capite che quanto entra per la bocca, passa nel ventre e finisce in una<br />

fogna? 105 .In questo passo si parla, in maniera assai evidente, della bocca del corpo. Ma<br />

nel passo che segue allude alla bocca del cuore, quando dice: Ma quel che esce dalla<br />

bocca viene dal cuore, ed è questo che contamina l’uomo, perché dal cuore vengono i<br />

cattivi pensieri 106 . Che cosa si può pretendere di più chiaro di questa spiegazione?<br />

Tuttavia quando diciamo che i pensieri sono le parole del cuore, non neghiamo per<br />

questo che siano anche visioni scaturite dalla visione della conoscenza implicita (notitia),<br />

almeno quando sono vere. Infatti, quando queste cose si producono al di fuori per mezzo<br />

del corpo, una cosa è la parola, altra la visione, ma all’interno quando pensiamo sono<br />

tutte e due una cosa sola. Proprio come l’atto di vedere e di udire sono due cose distinte<br />

nei sensi del corpo, mentre nell’anima udire e vedere non sono cose diverse; e per<br />

questo, mentre la parola esteriore non si vede, ma invece si sente, al contrario le parole<br />

interiori, cioè i pensieri, sono state viste, non udite dal Signore, come ci dice il santo<br />

Vangelo. Il testo afferma: Dissero dentro di sé: Costui bestemmia, e poi aggiunge: E<br />

Gesù, vedendo i loro pensieri 107 . Dunque egli vide ciò che essi dissero. Infatti vide con il<br />

suo pensiero i loro pensieri che ritenevano di essere i soli a vedere.<br />

Il verbo che diciamo nel cuore quando pensiamo il vero non appartiene a nessuna lingua<br />

10. 19. Chiunque perciò può comprendere che cosa sia il verbo, non soltanto prima che<br />

risuoni al di fuori, ma anche prima che il pensiero si occupi delle immagini dei suoni<br />

(questo verbo infatti non appartiene ad alcuna lingua, a nessuna di quelle che chiamano<br />

"lingue delle genti", tra le quali c’è anche la nostra lingua latina); chiunque, dico, può<br />

comprendere che cosa sia il verbo, può già vedere, per mezzo di questo specchio ed in<br />

questo enigma 108 una certa somiglianza di quel Verbo di cui è detto: In principio era il<br />

Verbo ed il Verbo era presso Dio 109 . Infatti quando diciamo il vero, cioè ciò che sappiamo,<br />

è necessario che nasca dalla scienza che conserviamo nella nostra memoria un verbo che<br />

sia pienamente della stessa specie della scienza da cui è nato. Il pensiero che si è<br />

formato a partire da ciò che già sappiamo è il verbo che pronunciamo nel cuore: verbo<br />

che non è né greco, né latino, che non appartiene ad alcun’altra lingua; ma quando c’è<br />

bisogno di portarlo a conoscenza di coloro ai quali parliamo, si fa ricorso a qualche segno<br />

che lo esprima. Tale segno è nella maggior parte dei casi un suono, talvolta è un gesto; il<br />

primo si dirige agli orecchi, il secondo agli occhi, affinché per mezzo dei segni corporei<br />

venga fatto conoscere anche ai sensi corporei il verbo che portiamo nello spirito. Perché<br />

anche il fare un gesto, che altro è se non parlare, in qualche modo, visibilmente? Nelle<br />

Sacre Scritture si trova una prova di questa affermazione; infatti nel Vangelo secondo<br />

Giovanni si legge: In verità, in verità vi dico, uno di voi mi tradirà. I discepoli allora si<br />

guardarono l’un l’altro, non sapendo a chi volesse alludere. Ma uno dei suoi discepoli,<br />

quello da Gesù prediletto, stava appoggiato presso il petto di lui. A questo fece cenno<br />

Simon Pietro e gli disse: chi è quello di cui parla? 110 . Ecco, Pietro esprime con un gesto<br />

ciò che non osa dire con le parole. Ma questi segni corporei ed altri di questo genere sono<br />

diretti agli orecchi o agli occhi dei presenti con i quali parliamo. La Scrittura invece è<br />

stata inventata anche per permetterci di comunicare con gli assenti, ma le lettere scritte<br />

sono segni delle parole, mentre le parole nella nostra conversazione sono segni delle cose<br />

che pensiamo 111 .<br />

Somiglianza del Verbo divino al nostro verbo interiore, in cui però esiste sempre una<br />

dissomiglianza profonda col Verbo di Dio<br />

11. 20. Perciò il verbo che risuona al di fuori è segno del verbo che risplende all’interno e<br />

che, più di ogni altro, merita tale nome di verbo. Perché ciò che pronunciamo<br />

materialmente con la bocca è voce del verbo e si chiama anch’esso verbo in quanto serve<br />

al verbo interiore per apparire all’esterno. Il nostro verbo infatti si fa in qualche modo<br />

voce del corpo servendosene per manifestarsi ai sensi umani, alla stessa maniera che il<br />

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