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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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teneri e delicati. La stessa cosa vale per gli altri sensi corporei; le anime dei piccoli, per<br />

quanto lo permette quell’età, concentrano per così dire la loro attenzione sui sensi in tal<br />

maniera che solo ciò che li incomoda o diletta nella loro carne provoca una violenta<br />

repulsione e un violento desiderio; ma non pensano alle realtà interiori che sono in essi e<br />

non si può consigliarli che lo facciano, perché non conoscono ancora i segni di chi li<br />

consiglia, fra i quali le parole occupano il primo posto; ma i piccoli le ignorano totalmente<br />

come tutti gli altri segni. Ora che sia una cosa non conoscersi e un’altra non pensarsi,<br />

l’abbiamo mostrato nello stesso libro 31 .<br />

5. 8. Ma lasciamo da parte questa età che non si può interrogare su ciò che in essa<br />

accade e che noi stessi abbiamo totalmente dimenticato. Ci basterà sapere con certezza<br />

che, quando l’uomo potrà riflettere sulla natura della sua anima e trovare la verità, non la<br />

troverà altrove, ma in se stesso. Ora troverà non ciò che ignorava, ma ciò a cui non<br />

pensava. Che sappiamo infatti se non sappiamo ciò che è nel nostro spirito, dato che,<br />

tutto ciò che sappiamo, non lo possiamo sapere che con lo spirito?<br />

La trinità della coscienza di sé<br />

6. Tuttavia così grande è la forza del pensiero, che lo spirito stesso, in qualche modo,<br />

non si pone sotto il proprio sguardo che quando pensa se stesso. Così, dunque, nulla<br />

cade sotto lo sguardo dello spirito se non ciò a cui esso pensa, cosicché lo spirito stesso,<br />

con cui si pensa tutto ciò che è pensato, non può cadere sotto il suo sguardo se non<br />

pensando se stesso. Come possa accadere che, quando non pensa se stesso, lo spirito<br />

non cada sotto il suo sguardo - dato che non può mai essere separato da se stesso, come<br />

se esso e lo sguardo che ha di sé fossero cose differenti - è cosa che non posso<br />

comprendere. Si può affermare questo, senza cadere nell’assurdo, dell’occhio del corpo,<br />

perché l’occhio occupa un posto fisso nel corpo, ma il suo sguardo tende verso le cose<br />

che sono al di fuori e si estende fino agli astri. Ma l’occhio non cade sotto il suo sguardo,<br />

perché non vede se stesso, se non in uno specchio, come ho già detto 32 . Ma non è affatto<br />

il caso dello spirito, quando si pone sotto il suo sguardo con il pensiero. Dunque vede<br />

esso una parte di sé con un’altra parte di sé, quando si vede pensandosi, allo stesso<br />

modo che con quegli organi corporei che sono i nostri occhi guardiamo altre nostre<br />

membra, che possono cadere sotto il nostro sguardo? Che si può pensare od affermare di<br />

più assurdo? Da che cosa si ritrae lo spirito, se non da se stesso? Dove è posto sotto il<br />

suo sguardo, se non di fronte a sé? Esso non sarà più dunque dove era, quando non<br />

stava in presenza di se stesso, perché, se è stato posto qui, è stato tolto di là. Ma se per<br />

essere visto si è spostato, dove resterà per vedersi? O può forse godere di una<br />

bilocazione così da essere qui e là; qui per vedere, là per essere visto; in sé, soggetto<br />

contemplante, davanti a sé, oggetto contemplato? La verità, se la si interroga, non ci<br />

risponde nulla di simile, perché quando pensiamo in questo modo, pensiamo soltanto<br />

false immagini materiali, e che lo spirito non è nulla di questo è cosa assolutamente certa<br />

per pochi spiriti, presso i quali si può cercare la verità su questo argomento. Perciò non<br />

resta che affermare che è un qualcosa che appartiene alla natura dello spirito il vedere se<br />

stesso e, quando pensa se stesso, il ritornare su di sé, non mediante un movimento<br />

spaziale, ma con una conversione immateriale 33 . Ma quando non pensa se stesso,<br />

certamente non vede se stesso e non informa di sé il suo sguardo, ma ciononostante si<br />

conosce come se fosse a se stesso la memoria di sé. È come ciò che accade ad un uomo<br />

che possiede molte conoscenze: le cose che conosce le ha nella sua memoria, ma<br />

soltanto quelle che sono oggetto del suo pensiero attuale sono sotto lo sguardo dello<br />

spirito, le altre sono nascoste in una specie di sapere misterioso, che si chiama memoria.<br />

Di qui la trinità che presentavamo nel modo seguente: ciò che, presente nella memoria,<br />

informa lo sguardo di chi pensa; la forma che lo riproduce, come l’immagine impressa a<br />

partire dalla memoria; ciò che unisce invece l’uno all’altra: l’amore o la volontà. Quando<br />

perciò lo spirito si vede con il pensiero, si comprende e si riconosce; esso genera dunque<br />

questa intelligenza e questa conoscenza di sé. Una realtà immateriale infatti è vista se è<br />

compresa, e viene conosciuta comprendendola. Ma lo spirito, quando, pensandosi, si<br />

vede per mezzo dell’intelligenza, non genera certo in tal modo la conoscenza implicita di<br />

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