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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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sé solo, si identifica con ciò senza cui non può pensarsi. Quando dunque gli si comanda di<br />

conoscersi, non si cerchi come se fosse sottratto a se stesso, ma sottragga ciò che gli si è<br />

aggiunto 25 . Esso infatti è più interiore a se stesso non soltanto di questi oggetti sensibili<br />

che sono manifestamente al di fuori, ma anche delle loro immagini che sono in quella<br />

parte dell’anima (anima) che hanno anche le bestie, sebbene manchino dell’intelligenza,<br />

che è propria allo spirito. Pur essendo dunque lo spirito interiore a se stesso esce in<br />

qualche modo da se stesso, gettando le affezioni del suo amore su queste immagini che<br />

sono come le vestigia dei suoi molteplici atti d’attenzione. Queste vestigia si imprimono,<br />

per così dire, nella memoria, quando vengono percepite tali cose corporee che sono al di<br />

fuori, di modo che, anche quando queste cose sono assenti, le loro immagini sono<br />

presenti a coloro che vi pensano. Lo spirito dunque conosca se stesso 26 ; non si cerchi<br />

come assente, ma fissi su se stesso l’attenzione della volontà che errava alla ventura<br />

sulle altre cose e si pensi. Esso vedrà allora che non ha mai cessato di amarsi, mai<br />

cessato di conoscersi, solo che, amando con sé altre cose, da esso diverse, si è con esse<br />

confuso e ha preso con esse consistenza in qualche modo; e così abbracciando tutta<br />

questa diversità in un solo tutto, ha immaginato che vi sia una sola realtà là dove ve ne<br />

sono molte.<br />

Lo spirito si conosce appena intende il precetto di conoscersi<br />

9. 12. Lo spirito dunque non cerchi di attingersi come assente, ma procuri di discernere<br />

sé come presente, né si conosca come se fosse a sé sconosciuto, ma si distingua da ciò<br />

che esso conosce come diverso da sé 27 . Questo stesso comando che ode: Conosci te<br />

stesso 28 , come si prenderà cura di metterlo in pratica, se non sa che cosa significhino<br />

conosci o te stesso? Ma se conosce tutte due queste cose, conosce anche se stesso,<br />

perché non si dice allo spirito conosci te stesso, come gli si dice: "conosci i Cherubini e i<br />

Serafini"; infatti essi sono assenti e sono per noi oggetto di fede, la quale ci insegna che<br />

sono delle potestà celesti. Né gli si dice di conoscersi come gli si dice: "Conosci la volontà<br />

di quell’uomo", perché quella volontà non ci è presente per poterla percepire o<br />

comprendere se non grazie alla manifestazione di segni corporei e l’apporto di questi<br />

segni è tale che più che comprenderla vi crediamo 29 . Non gli si dicono queste parole<br />

nemmeno come si dice ad un uomo: "Guarda la tua faccia", cosa che non può avvenire<br />

se non mediante uno specchio. Infatti la nostra stessa faccia sfugge alla nostra vista,<br />

perché essa non si trova là dove si può dirigere il nostro sguardo. Ma quando si dice allo<br />

spirito: Conosci te stesso 30 , nello stesso istante in cui comprende le parole te stesso,<br />

esso si conosce e questo per la sola ragione che è presente a se stesso. Se al contrario<br />

non comprende ciò che gli si dice, non lo fa di certo. Dunque gli si comanda di fare ciò<br />

che fa, mentre comprende il comando.<br />

Ogni spirito sa di sé, con certezza, di comprendere, di esistere e di vivere<br />

10. 13. Lo spirito dunque non aggiunga nulla al fatto che conosce se stesso, quando ode<br />

il comando di conoscere se stesso. Esso infatti sa con certezza che questo comando è<br />

rivolto a sé, a sé che esiste, che vive, che comprende. Ma esiste anche il cadavere, anche<br />

gli animali vivono: ma né il cadavere né gli animali comprendono. Sa dunque di esistere<br />

e di vivere nel modo stesso in cui esiste e vive l’intelligenza. Quando perciò, ad esempio,<br />

lo spirito ritiene di essere aria, ritiene che l’aria comprenda, ma esso sa di comprendere;<br />

però di essere aria esso non lo sa, se lo immagina. Respinga ciò che si immagina e<br />

consideri ciò che sa; si tenga a quella certezza che non hanno mai messo in dubbio<br />

nemmeno coloro che hanno opinato che lo spirito fosse questo o quel corpo 31 . Infatti non<br />

ogni spirito pensa di essere aria, ma alcuni pensano di essere fuoco, altri cervello, ed altri<br />

un corpo, altri un altro, come ho ricordato sopra. Tuttavia tutti sanno di comprendere, di<br />

esistere e di vivere, ma essi rapportano il comprendere all’oggetto che comprendono 32 ,<br />

ma l’esistere ed il vivere a se stessi. E nessuno dubita che per comprendere bisogna<br />

vivere, che per vivere bisogna essere. Di conseguenza ciò che comprende esiste e vive,<br />

ma il suo essere non è come quello del cadavere che non vive, né la sua vita come quella<br />

dell’anima (anima) che non comprende, bensì esiste e vive in un modo che gli è proprio e<br />

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