Sant'Agostino "De Trinitade"
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
talmente l’ardore di coloro che si dedicano allo studio che è verso di essa che si<br />
muovono, ad essa aspirano in tutte le loro fatiche spese per rendersi capaci di giungere,<br />
alla fine, ad abbracciare nella pratica ciò che preconoscono con la ragione. E così<br />
chiunque, per il quale si avvicina la speranza di poter parlare queste lingue, arde di un<br />
amore più fervente. Infatti si dedica più ardentemente allo studio di quelle scienze, chi<br />
non dispera di acquisirle. Perché chi non ha speranza di conseguire una cosa, sebbene ne<br />
veda il valore, o la ama tiepidamente, o non la ama affatto. Così, poiché la maggior parte<br />
degli uomini dispera di giungere alla conoscenza di tutte le lingue, per questo ognuno si<br />
dedica, per conoscerla, soprattutto allo studio di quella della propria nazione; e, sebbene<br />
ci sia qualcuno che si sente incapace di acquisirne una perfetta conoscenza, nessuno<br />
tuttavia è così incurante di tale sapere da non volere, quando abbia udita una parola<br />
sconosciuta, conoscerne il senso e, se gli è possibile, non si informi e la apprenda.<br />
Durante questa ricerca è evidentemente dominato dal desiderio di apprendere e sembra<br />
amare una cosa sconosciuta, ma non è così. Infatti tocca la sua anima quell’ideale, che<br />
egli conosce e pensa, nel quale risplende la bellezza di una intesa tra le anime, per<br />
mezzo della comprensione di parole udite e pronunciate. È essa che infiamma con<br />
l’ardore colui che cerca, certo, ciò che ignora, ma che intuisce ed ama l’ideale verso il<br />
quale tende il suo sforzo. Supponiamo, per riprendere il mio primo esempio, che si dica a<br />
colui che cerca il senso della parola temetum: "Che te ne importa?". Risponderà: "Per<br />
non correre il rischio di udire qualcuno pronunciare tale parola e non comprenderlo o di<br />
leggerla in qualche parte e ignorare il pensiero dello scrittore". Chi, infine, potrà dirgli:<br />
"Rinuncia a comprendere ciò che odi, rinuncia a conoscere ciò che leggi"? Quasi tutte le<br />
anime razionali vedono manifestamente la bellezza di un’arte che permette agli uomini di<br />
comunicarsi vicendevolmente i loro pensieri, per mezzo dell’enunciazione di parole dotate<br />
di significato. A causa di questa bellezza conosciuta ed a causa di essa, amata perché<br />
conosciuta, si cerca con ardore il significato di quella parola sconosciuta. Perciò quando<br />
quest’uomo udrà e saprà che gli antichi chiamavano temetum 1 il vino, ma che questa<br />
parola è ora, nella lingua corrente, caduta in disuso, penserà che è necessario<br />
conoscerne il senso per leggere, se ne sia il caso, alcuni scritti antichi. Ma se li giudica<br />
inutili, forse penserà che non vale la pena di conservare tale parola nella memoria,<br />
perché vede che non risponde affatto a quell’ideale di conoscenza che è per il suo spirito<br />
oggetto di intuizione e di amore.<br />
Nessuno ama ciò che non conosce<br />
1. 3. Perciò ogni amore dell’anima che si dà allo studio, cioè che vuole sapere ciò che<br />
ignora, non è amore di cosa che ignora, ma di cosa che conosce e per la quale desidera<br />
sapere ciò che ignora 2 . O, se è così curiosa che, non qualche causa conosciuta, ma solo<br />
l’amore di conoscere ciò che è sconosciuto la trascini, questa curiosità bisogna certo<br />
distinguerla dal vero desiderio di sapere. Ma nemmeno questa curiosità è amore di ciò<br />
che è sconosciuto, anzi si dirà più giustamente che è odio di ciò che è sconosciuto, di cui<br />
non vuole assolutamente che vi sia nulla, perché desidera conoscere tutto. Ma perché<br />
nessuno ci ponga una questione più difficile dicendo che è altrettanto impossibile che<br />
alcuno odii ciò che ignora, non mi oppongo alla verità, ma faccio notare che bisogna aver<br />
ben chiaro che non è la stessa cosa dire: "Ama sapere ciò che ignora", e: "Ama ciò che<br />
ignora". È infatti possibile che vi sia chi ama conoscere ciò che ignora, ma amare ciò che<br />
ignora gli è impossibile. La parola "sapere" non è, nella precedente espressione,<br />
superflua, perché chi ama sapere ciò che ignora, non ama ciò che ignora, ma lo stesso<br />
sapere. E se non sapesse che cosa significa sapere, non potrebbe dire con tutta sicurezza<br />
né che sa qualcosa, né che non lo sa. Non soltanto colui che dice: "So", e dice il vero, sa<br />
necessariamente che cosa sia sapere, ma anche colui che dice: "Non so", e lo dice con<br />
piena sicurezza e dice il vero, sa perfettamente che cosa sia sapere, perché anch’egli<br />
distingue colui che sa da colui che non sa, quando prendendo coscienza di se stesso<br />
secondo verità afferma: "Non so". E, se sa di dire il vero, come lo saprebbe se non<br />
sapesse che cosa sia sapere?<br />
117