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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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mutevoli, necessaria per esplicare le attività di questa vita. Come nella storia da tutti<br />

conosciuta della prima coppia umana, il serpente non mangiò del frutto proibito, ma<br />

soltanto persuase a mangiarne, e la donna non fu la sola a mangiarne, ma ne diede a suo<br />

marito, e ne mangiarono insieme, sebbene abbia parlato da sola con il serpente e sia<br />

stata la sola ad essere sedotta da esso 73 , così anche in quest’altro matrimonio misterioso<br />

e segreto, che si attua e si riconosce pure in ogni uomo considerato individualmente, il<br />

movimento carnale o, per dir così, il movimento sensuale dell’anima, che pone tutta la<br />

sua attenzione ai sensi del corpo e ci è comune con gli animali, è estraneo alla ragione<br />

che si applica alla sapienza. Il senso corporeo infatti percepisce le cose corporee, la<br />

ragione che si applica alla sapienza ha l’intelligenza delle cose immutabili e spirituali. Ora<br />

l’appetito è vicino alla ragione che si applica alla scienza, in quanto la scienza, detta<br />

dell’azione, ragiona sulle stesse cose corporee percepite dai sensi del corpo; ma se il suo<br />

ragionamento è buono lo fa per riferire quella conoscenza al fine del Bene sommo, se è<br />

invece cattivo lo fa per fruire di quelle cose come di beni tali in cui si possa riposare in<br />

una beatitudine menzognera. Quando dunque questa attenzione dello spirito, che<br />

esercita la sua funzione attiva sulle cose temporali e corporee con la vivacità propria al<br />

ragionamento, si lascia attirare dal senso carnale od animale a fruire di sé, cioè a fruire di<br />

un bene egoistico e particolare, non del bene generale e comune, qual è il bene<br />

immutabile, allora è come se il serpente parlasse alla donna. Consentire a questa<br />

attrattiva è mangiare del frutto proibito. Però se questo consenso si limita ad una<br />

semplice compiacenza del pensiero, ma l’autorità di una decisione superiore trattiene le<br />

membra dall’abbandonarsi al peccato come strumenti d’iniquità 74 , allora, mi sembra, è<br />

come se la donna sola mangiasse del frutto proibito. Se, al contrario, consentendo al<br />

cattivo uso delle cose percepite per mezzo dei sensi del corpo si risolve di commettere<br />

qualunque peccato, anche col corpo, se ne ha il potere, bisogna allora intendere che<br />

quella donna ha dato al marito da mangiare, insieme a lei, del cibo proibito. Infatti non si<br />

può decidere con lo spirito non solamente di compiacersi nel peccato di pensiero, ma<br />

anche di commetterlo con un atto, se l’attenzione dello spirito, che ha il potere assoluto<br />

di far agire le membra o di impedire che agiscano, non ceda e si abbandoni alla cattiva<br />

azione.<br />

12. 18. Certamente non si può negare che ci sia peccato, quando lo spirito si compiace<br />

solamente con il pensiero di cose proibite, deciso, è vero, a non commetterle, ma<br />

compiacendosi a trattenere e a ripensare delle immagini che avrebbe dovuto cacciare al<br />

primo loro apparire; ma questo peccato è molto minore che se si decidesse di doverlo<br />

anche mettere in atto. Perciò si deve domandare perdono anche di tali pensieri,<br />

percuotersi il petto e dire: Rimetti a noi i nostri debiti, fare ciò che segue e aggiungere<br />

nella preghiera: come noi li rimettiamo ai nostri debitori 75 . Non è infatti come nel caso<br />

dei primi due uomini, quando ciascuna persona era responsabile per sé, e perciò se solo<br />

la donna avesse mangiato del frutto proibito, essa sola sarebbe stata condannata alla<br />

pena di morte. Quando si tratta di un uomo solo, il caso è diverso. Se il solo pensiero,<br />

compiacendosene, si pasce dei piaceri proibiti, da cui avrebbe dovuto distogliersi<br />

immediatamente, né si decide a compiere queste azioni cattive, ma si limita a ritenerne<br />

ed assaporarne le immagini, questo caso non si può paragonare a quello della donna che<br />

può essere punita senza l’uomo; guardiamoci bene dal crederlo. Qui c’è una sola<br />

persona, un solo uomo, e sarà condannato tutto intero, a meno che questi che sono<br />

ritenuti peccati del solo pensiero, perché commessi senza il proposito di scendere<br />

all’azione, ma tuttavia con il proposito di trovarne diletto interiormente, non siano rimessi<br />

per mezzo della grazia del Mediatore.<br />

12. 19. In tutta questa discussione in cui abbiamo cercato di mostrare che esiste, nello<br />

spirito di ciascun uomo, una specie di matrimonio tra la ragione contemplativa e la<br />

ragione attiva, con l’attribuzione a ciascuna di funzioni diverse, ma senza compromettere<br />

l’unità dello spirito - e questo senza recar pregiudizio alla verità della narrazione della<br />

divina Scrittura che ci racconta dei due primi uomini, marito e moglie, origine del genere<br />

umano -, non avevamo altro fine che far intendere che l’Apostolo, dicendo che l’uomo<br />

solo, non la donna, è immagine di Dio, ha voluto, sebbene sotto l’immagine della<br />

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