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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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alla conoscenza delle realtà intelligibili e supreme, che sono eterne, incontriamo la<br />

conoscenza razionale delle cose temporali. Anche in essa sforziamoci dunque di vedere,<br />

se ci è possibile, una trinità, come ne abbiamo trovata una nei sensi corporei e un’altra<br />

nelle cose che per mezzo di essi sono entrate nell’anima e nel nostro spirito sotto forma<br />

di immagini; in luogo delle cose corporee che attingiamo dal di fuori, con i sensi corporei,<br />

avevamo in questo secondo caso le similitudini dei corpi impresse nella memoria,<br />

immagini che informavano il pensiero, intervenendo la volontà come terzo elemento che<br />

univa questo a quelle, a somiglianza di come era informato al di fuori lo sguardo degli<br />

occhi, che la volontà dirigeva verso la cosa visibile per produrre la visione, unendo l’uno<br />

all’altra, aggiungendosi, essa stessa, anche in questo caso, come terzo elemento. Ma non<br />

facciamo entrare forzatamente tale argomento in questo libro, affinché, nel seguente, se<br />

Dio ci aiuterà, lo si possa indagare con pieno agio e si possa esporre ciò che avremo<br />

trovato.<br />

Scopo del presente libro<br />

LIBRO TREDICESIMO<br />

1. 1. Nel libro precedente di quest’opera, il dodicesimo, ci siamo sufficientemente<br />

impegnati a distinguere la funzione dell’anima razionale che si occupa delle cose<br />

temporali, campo in cui si esercita non solo la nostra conoscenza, ma anche la nostra<br />

azione, da quella più nobile della nostra anima, che si dedica alla contemplazione delle<br />

cose eterne e si esaurisce nella sola conoscenza. Ma tuttavia ritengo cosa più profittevole<br />

inserire un testo della Sacra Scrittura da cui si possa comprendere con più facilità la<br />

distinzione dell’una dall’altra.<br />

Nel prologo del Vangelo di Giovanni alcune affermazioni riguardano la scienza, altre la<br />

sapienza<br />

1. 2. Giovanni evangelista ha iniziato il suo Vangelo con queste parole: In principio il<br />

Verbo era, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio: egli era in principio presso Dio.<br />

Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto. Ciò che è stato fatto<br />

in lui era vita e la vita era la luce degli uomini e la luce risplende nelle tenebre, e le<br />

tenebre non l’hanno compresa. Ci fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni.<br />

Egli venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero<br />

per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce.<br />

Esisteva la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Egli era nel<br />

mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui ma il mondo non lo conobbe. Venne in casa<br />

propria e i suoi non lo ricevettero. Ma a quanti lo accolsero dette il potere di divenire figli<br />

di Dio, ai credenti nel suo nome, i quali non dal sangue, né dalla volontà della carne, ma<br />

da Dio sono nati. E il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi. E noi abbiamo contemplato<br />

la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità 1 . In questo<br />

passo del Vangelo, che ho citato per intero, le prime righe si riferiscono all’immutabile ed<br />

all’eterno, la cui contemplazione ci rende beati; le righe seguenti invece mescolano, nel<br />

loro insegnamento, l’eterno con il temporale. Perciò qui alcune cose riguardano la<br />

scienza, altre la sapienza, secondo la distinzione che noi abbiamo fatto precedentemente<br />

nel libro dodicesimo. Infatti queste espressioni: In principio il Verbo era, e il Verbo era<br />

presso Dio e il Verbo era Dio; egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per<br />

mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto. Ciò che è stato fatto in lui era vita e la vita<br />

era la luce degli uomini e la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno compresa<br />

2<br />

, si richiamano alla vita contemplativa e sono accessibili solo all’intelligenza spirituale.<br />

Quanto più uno progredirà in questo campo, tanto più diverrà, senza alcun dubbio,<br />

sapiente. Ma queste parole: La luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno<br />

compresa, mostrano che era necessaria la fede per credere ciò che non si vedeva 3 .<br />

Perché, con la parola "tenebre", volle significare i cuori dei mortali che si erano distolti da<br />

questa luce ed erano incapaci di vederla. Per questo continua ed afferma: Vi fu un uomo<br />

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