Sant'Agostino "De Trinitade"
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
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7. 12. Ma vi è un’altra differenza importante: se nell’uomo consideriamo lo spirito e la<br />
conoscenza e l’amore che ha di sé o la memoria, l’intelligenza, la volontà 68 , non c’è<br />
alcuna parte dello spirito di cui ci ricordiamo se non per mezzo della memoria, nessuna<br />
parte che comprendiamo se non per mezzo dell’intelligenza, nessuna parte che amiamo<br />
se non per mezzo della volontà 69 . Ma in quella Trinità chi oserà dire che il Padre non<br />
comprende se stesso, il Figlio e lo Spirito Santo se non per mezzo del Figlio, che non li<br />
ama se non per mezzo dello Spirito Santo e da sé ricorda soltanto se stesso o il Figlio o lo<br />
Spirito Santo; che il Figlio a sua volta non ricorda se stesso e il Padre se non per mezzo<br />
del Padre e non li ama se non per mezzo dello Spirito Santo; che parimenti anche lo<br />
Spirito Santo per mezzo del Padre ricorda il Padre, il Figlio e se stesso, e per mezzo del<br />
Figlio comprende il Padre e il Figlio e se stesso, mentre, da sé, soltanto ama se stesso, il<br />
Padre e il Figlio; come se il Padre fosse la memoria sua, del Figlio e dello Spirito Santo, il<br />
Figlio, l’intelligenza sua, del Padre e dello Spirito Santo, lo Spirito Santo l’amore suo, del<br />
Padre e del Figlio? Chi avrebbe l’audacia di opinare e affermare tali cose circa la Trinità?<br />
Se ivi infatti è il Figlio solo a comprendere, per se stesso, per il Padre e per lo Spirito<br />
Santo, si ricade in quell’opinione assurda che la sapienza del Padre non gli proviene da lui<br />
stesso ma dal Figlio e che la sapienza non ha generato la sapienza, ma il Padre è detto<br />
essere sapiente per la sapienza che ha generato. Dove infatti non c’è intelligenza, non vi<br />
può nemmeno essere sapienza; di conseguenza se il Padre non comprende egli stesso<br />
per se stesso, ma è il Figlio che comprende per il Padre, non vi è dubbio che è il Figlio<br />
che fa sapiente il Padre. E se in Dio essere è la stessa cosa che essere sapiente, e se in<br />
lui l’essenza è identica alla sapienza, non è più il Figlio che riceve dal Padre l’essenza -<br />
come è vero - ma il Padre invece la riceve dal Figlio, ciò che è il colmo dell’assurdità e<br />
dell’errore. Tale assurdità abbiamo discusso, condannato, respinto nella maniera più<br />
formale nel libro settimo 70 . Il Padre è dunque sapiente per la sua propria sapienza, che<br />
egli stesso è, e il Figlio è la sapienza del Padre che procede dalla sapienza che è il Padre,<br />
dal quale il Figlio è stato generato. Di conseguenza il Padre anche comprende per la sua<br />
propria intelligenza che egli stesso è; chi infatti non avesse l’intelligenza non potrebbe<br />
avere la sapienza; il Figlio invece è l’intelligenza del Padre, generato dall’intelligenza che<br />
è il Padre. Lo stesso si può affermare senza inconveniente della memoria. Come può<br />
essere infatti sapiente colui che nulla ricorda o non si ricorda di sé? Dunque in quanto è<br />
sapienza il Padre, sapienza il Figlio 71 , allo stesso modo che si ricorda per sé il Padre, così<br />
si ricorda per sé il Figlio; e come il Padre si ricorda di sé e del Figlio non con la memoria<br />
del Figlio, ma con la sua, così il Figlio si ricorda di sé e del Padre non con la memoria del<br />
Padre, ma con la propria. Infine chi potrebbe dire che vi è sapienza dove non vi è in alcun<br />
modo dilezione? Da ciò si conclude che il Padre è il suo proprio amore, come è la sua<br />
intelligenza e la sua memoria. Ecco dunque che quelle tre perfezioni: la memoria,<br />
l’intelligenza, la dilezione o volontà, in quella suprema ed immutabile essenza che è Dio,<br />
non sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ma il Padre solo. E poiché anche il Figlio è<br />
sapienza generata 72 dalla sapienza, come non è il Padre che comprende per lui, non è<br />
nemmeno lo Spirito Santo che comprende per lui, ma egli stesso per se stesso; così pure<br />
non è il Padre che ricorda per lui, né lo Spirito Santo che ama per lui, ma lui per se<br />
stesso; egli infatti è la sua propria memoria, la sua intelligenza, il suo amore, ma che egli<br />
sia tale gli proviene dal Padre, da cui è nato. Anche lo Spirito Santo, poiché è sapienza<br />
che procede dalla sapienza 73 , non ha il Padre come memoria, il Figlio come intelligenza e<br />
se stesso come amore; infatti non sarebbe nemmeno sapienza, se qualche altro<br />
ricordasse per lui e un altro comprendesse per lui ed egli stesso soltanto amasse per se<br />
stesso, ma anch’egli ha queste tre perfezioni e le possiede in tal modo, che è egli stesso<br />
tali perfezioni. Tuttavia che egli sia tale gli proviene dalla fonte da cui procede.<br />
7. 13. Quale uomo dunque può comprendere questa sapienza con la quale Dio conosce<br />
tutte le cose in modo che quelle che si dicono passate in lui non passino, né quelle che si<br />
dicono future si attende che si realizzino come se fossero ancora assenti, ma quelle<br />
passate e quelle future siano tutte presenti con le presenti; ed in modo che non siano<br />
pensate ad una ad una, cosicché il suo pensiero passi dalle une alle altre, ma le abbracci<br />
tutte insieme con un solo sguardo; quale uomo, dico, comprende questa sapienza che è<br />
insieme preveggenza, che è scienza, quando noi non comprendiamo nemmeno la nostra<br />
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