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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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Ma Dio per superare il diavolo non scelse la via della potenza, bensì quella della giustizia<br />

13. 17. Il diavolo non doveva essere superato dalla potenza, ma dalla giustizia di Dio.<br />

Infatti che c’è di più potente dell’Onnipotente? O quale creatura ha una potenza<br />

comparabile a quella del Creatore? Ma il diavolo, per il vizio della sua perversità, si è<br />

innamorato della potenza, ha abbandonato e combattuto la giustizia; gli uomini a loro<br />

volta imitano tanto più il diavolo quanto più trascurano e perfino aborriscono la giustizia<br />

per aspirare alla potenza e godono del possesso o bruciano dal desiderio di essa; e così<br />

piacque a Dio, per sottrarre l’uomo al potere del diavolo, di vincere il diavolo non con la<br />

potenza ma con la giustizia, affinché anche gli uomini, ad imitazione di Cristo, cercassero<br />

di vincere il diavolo con la giustizia, non con la potenza. Non che la potenza sia da fuggire<br />

come qualcosa di male, ma bisogna rispettare l’ordine secondo il quale la giustizia è al<br />

primo posto. Quanto grande può essere infatti la potenza dei mortali? Conservino dunque<br />

la giustizia fin che sono mortali, la potenza sarà loro data quando saranno immortali. In<br />

confronto a questa, la potenza di quegli uomini che sono chiamati potenti sulla terra - per<br />

quanto grande essa sia - non è che una debolezza ridicola, e là dove sembra che i cattivi<br />

manifestino finalmente la loro potenza si scava la fossa per il peccatore 75 . Il giusto invece<br />

canta e dice: Beato l’uomo che tu istruisci, o Signore, e al quale dai l’insegnamento della<br />

tua legge perché sia tranquillo nei giorni dell’afflizione, fino a quando si scavi una fossa<br />

per il peccatore. Perché il Signore non respingerà il suo popolo e non abbandonerà la sua<br />

eredità; fino a quando la giustizia si muti in giudizio; e tutti coloro che la possiedono<br />

hanno il cuore retto 76 . Dunque, durante il tempo in cui non si manifesta ancora la<br />

potenza del popolo di Dio il Signore non respingerà il suo popolo e non abbandonerà la<br />

sua eredità, per quanto grandi siano le amarezze e le umiliazioni che essa debba subire<br />

nella sua umiltà e debolezza, fino a quando la giustizia che posseggono, malgrado la loro<br />

debolezza, gli uomini pii, si muti in giudizio, cioè fino a quando la giustizia non riceva il<br />

potere di giudicare. Tale privilegio è riservato ai giusti per la fine dei tempi, allorquando<br />

la potenza, seguendo il suo ordine, farà seguito alla giustizia che l’ha preceduta. Infatti è<br />

la potenza appoggiata sulla giustizia, o la giustizia unita con la potenza, che costituisce il<br />

potere di giudicare. Ora la giustizia appartiene alla volontà buona: per questo gli Angeli,<br />

alla nascita di Cristo, hanno detto: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli<br />

uomini di buona volontà 77 . La potenza deve seguire la giustizia, non precederla, perciò<br />

trova il suo posto nelle res secundae, cioè nella prosperità. Ora la parola secundae<br />

(prospere), deriva dal verbo sequi (seguire). Infatti, poiché come abbiamo detto prima<br />

sono necessarie due cose per rendere l’uomo beato: volere il bene e potere ciò che si<br />

vuole, bisogna, come abbiamo notato nella medesima discussione, che sia assente quel<br />

disordine perverso che fa sì che l’uomo, fra queste due condizioni della felicità, scelga di<br />

potere ciò che vuole e trascuri di volere ciò che conviene, dato che deve prima avere una<br />

volontà buona e, soltanto dopo, una grande potenza. Ora la volontà per essere buona<br />

deve essere purgata dai vizi; se l’uomo è vinto da essi, la sconfitta lo trascina a volere il<br />

male; come allora la sua volontà sarà buona? Perciò bisogna augurarsi che la potenza sia<br />

data fin d’ora, però contro i vizi, ma gli uomini non vogliono essere potenti per vincere i<br />

vizi, bensì per vincere gli uomini. A che cosa li porta questo se non ad essere<br />

effettivamente vinti riportando una vittoria ingannevole, essendo vincitori<br />

apparentemente, non realmente? L’uomo voglia essere prudente, forte, temperante,<br />

giusto e, per poter esserlo veramente, ambisca in realtà la potenza e desideri di essere<br />

potente su se stesso e paradossalmente potente contro se stesso in favore di se stesso.<br />

Quanto agli altri beni che vuole con una volontà buona, ma che esulano dal suo potere,<br />

come l’immortalità, la vera e perfetta felicità, non cessi di desiderarli e li aspetti con<br />

pazienza.<br />

Gratuità della morte di Cristo<br />

14. 18. Qual è dunque questa giustizia che ha vinto il diavolo? Quale, se non quella di<br />

Gesù Cristo? E come fu vinto il demonio? Perché ha ucciso Cristo, benché non trovasse in<br />

lui nulla che meritasse la morte. Allora è giusto che siano messi in libertà i debitori che<br />

teneva sotto di sé, quando credono in Colui che senza alcun debito è stato ucciso da lui.<br />

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