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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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Compito della volontà<br />

8. 15. La volontà infine come applica il senso al corpo così applica la memoria al senso e<br />

lo sguardo di colui che pensa alla memoria. Ma questa volontà che ravvicina queste cose<br />

e le congiunge, è essa stessa che anche le distingue e le separa. Ma è con un movimento<br />

del corpo che essa separa i sensi corporei dagli oggetti sensibili per impedire la<br />

percezione di qualcosa o per interromperla, come accade quando distogliamo gli occhi da<br />

ciò che non vogliamo vedere e li chiudiamo, come le orecchie se si tratta di suoni, le<br />

narici se si tratta di odori. Così pure chiudendo la bocca o sputando fuori qualcosa che vi<br />

teniamo, ci manteniamo lontani dai sapori. Così anche per quanto concerne il tatto, ci<br />

distanziamo dal corpo che non vogliamo toccare; se già lo toccavamo, lo gettiamo<br />

lontano e lo respingiamo. È dunque con un movimento del corpo che la volontà impedisce<br />

l’unione del senso corporeo con gli oggetti sensibili. Essa lo impedisce nella misura in cui<br />

lo può, perché, quando per la nostra condizione inferiore e mortale essa in questa sua<br />

azione patisce delle difficoltà, ne consegue una sofferenza corporea, cosicché non le resta<br />

che il ricorso alla pazienza. La volontà invece distoglie la memoria dal senso quando,<br />

fissando altrove l’attenzione, non le permette di unirsi agli oggetti presenti. È<br />

un’esperienza facile a farsi quando, avendo il pensiero intento ad altra cosa, ci pare di<br />

non aver udito qualcuno che parla in nostra presenza. Ma non è vero; noi infatti abbiamo<br />

udito, ma non ricordiamo, perché le parole non facevano che scivolare attraverso le<br />

orecchie, essendo rivolta altrove l’attenzione della volontà, che ordinariamente le incide<br />

nella memoria. Sarebbe più giusto dire, quando accade qualcosa di simile: "Non<br />

ricordiamo", invece che: "Non abbiamo udito". Infatti lo stesso accade a coloro che<br />

leggono; a me stesso accade assai di frequente di terminare la lettura di una pagina o di<br />

una lettera senza sapere che cosa abbia letto e di ricominciare da capo. Essendo intenta<br />

altrove l’attenzione della volontà, la memoria non si è applicata al senso del corpo, come<br />

invece il senso si è applicato alle lettere. Così quelli che camminano, avendo la volontà<br />

intenta ad altre cose, non sanno per dove siano passati; tuttavia se non avessero visto<br />

non avrebbero camminato, o avrebbero camminato a tastoni con maggiore attenzione,<br />

soprattutto se fossero avanzati in luoghi sconosciuti; ma, poiché hanno camminato senza<br />

difficoltà, hanno visto di certo. In quanto però, mentre la loro vista era in contatto con i<br />

luoghi che attraversavano, la loro memoria non era unita al senso, non hanno potuto<br />

assolutamente ricordare ciò che hanno visto, anche soltanto un istante prima. Si vede<br />

dunque che voler distogliere lo sguardo dell’anima da ciò che è contenuto nella memoria<br />

equivale a non pensarlo.<br />

L’ordine delle quattro forme della conoscenza sensibile<br />

9. 16. Dunque in questa analisi, che a partire dalla forma corporea giunge fino alla forma<br />

che si produce nello sguardo del pensiero, abbiamo scoperto quattro forme nate quasi<br />

gradualmente l’una dall’altra; la seconda dalla prima, la terza dalla seconda, la quarta<br />

dalla terza. Dalla forma del corpo percepito, nasce quella che si produce nel senso di colui<br />

che vede; da essa quella che si produce nella memoria; da quest’ultima quella che si<br />

produce nello sguardo del pensiero. Perciò la volontà, a tre riprese, unisce dei termini che<br />

sono in qualche modo nel rapporto di generante e generato; in un primo momento la<br />

forma del corpo con quella che questa genera nel senso corporeo; in un secondo<br />

momento questa seconda con quella da essa prodotta nella memoria; in un terzo<br />

momento infine questa con quella da questa generata nello sguardo di colui che pensa<br />

l’oggetto. Ma l’unione intermedia - la seconda -, sebbene più prossima, non è altrettanto<br />

simile alla prima come lo è alla terza. Vi sono infatti due visioni: l’una di chi sente, l’altra<br />

di chi pensa. Ora perché possa esistere la visione del pensiero, nasce nella memoria,<br />

prodotta dalla visione del senso, una certa similitudine, verso cui si volge, nel pensare, lo<br />

sguardo dell’anima, come nel vedere si volge verso il corpo lo sguardo degli occhi. Ecco<br />

perché ho voluto menzionare due trinità in questo genere di realtà; una, quando la<br />

visione di colui che pensa è informata dal corpo; un’altra, quando la visione di colui che<br />

pensa è informata dalla memoria. Non ho voluto menzionare la trinità intermedia, perché<br />

ordinariamente non si dice che c’è visione, quando si affida alla memoria la forma che si<br />

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