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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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croce 122 . Dove poteva apparire in maniera più splendida il premio dell’obbedienza, se non<br />

nella carne di un così grande Mediatore che è risuscitato per la vita eterna? Conveniva<br />

infine alla giustizia e alla bontà del Creatore che il diavolo fosse vinto per mezzo di quella<br />

stessa creatura ragionevole, che egli si compiaceva di aver vinto, e per mezzo di una<br />

creatura discendente da quella stessa stirpe che, viziata all’origine, era nella sua totalità,<br />

per la colpa di uno solo, sotto il potere del diavolo.<br />

Perché il Figlio di Dio assunse la natura umana dalla stirpe di Adamo e nacque da una<br />

vergine<br />

18. 23. Dio certo avrebbe potuto prendere altrove l’umanità in cui doveva essere<br />

Mediatore tra Dio e gli uomini 123 , non dalla stirpe di Adamo che con il suo peccato<br />

incatenò il genere umano 124 , come fece per Adamo che creò per primo, senza<br />

ascendenza. Avrebbe dunque potuto, così, o in altro modo che gli fosse piaciuto, creare<br />

un altro uomo unico in cui vincere il vincitore del primo; ma Dio giudicò più conveniente,<br />

e assumere dalla stessa stirpe, che era stata vinta, la natura umana, con la quale vincere<br />

il nemico della stirpe umana; e tuttavia da una vergine la cui concezione fu opera dello<br />

Spirito, non della carne: della fede, non della libidine 125 ; né vi intervenne la<br />

concupiscenza carnale, che fornisce il seme e la concezione a tutti gli altri, eredi del<br />

peccato originale; ma con l’esenzione assoluta di essa la santa verginità fu resa feconda<br />

dalla fede, non dall’unione; per conseguenza Colui che nasceva dalla stirpe del primo<br />

uomo, da lui derivò solo la specie umana, non anche la colpa. Nasceva infatti non come<br />

un individuo macchiato dal contagio della trasgressione, ma come l’unica medicina di tutti<br />

i contagiati. Nasceva, dirò, l’uomo che non aveva alcun peccato, l’uomo che non<br />

l’avrebbe mai avuto, l’uomo per cui sarebbero rinati coloro che dovevano essere liberati<br />

dal peccato che al loro nascere necessariamente li colpiva. Infatti, benché la castità<br />

coniugale faccia buon uso della concupiscenza carnale, che ha sede negli organi genitali,<br />

tuttavia questa concupiscenza ha dei moti involontari che ci mostrano che non ha potuto<br />

esistere nel paradiso prima del peccato, e che, se esisteva, non era di tale natura da<br />

resistere talvolta alla volontà. Ora invece la sua natura è tale - lo sappiamo per<br />

esperienza - che, rivoltandosi contro la legge dello spirito, incita all’unione carnale, anche<br />

indipendentemente da ogni fine di procreare; se le si cede, si sazia peccando, se non le si<br />

cede, non si lascia dominare che facendo resistenza. Chi può dubitare che questi due<br />

inconvenienti fossero assenti in paradiso, prima del peccato? Infatti l’onestà di allora non<br />

commetteva nulla di vergognoso, e la felicità di allora non era compatibile con qualcosa<br />

che non fosse tranquillo. Occorreva dunque che questa concupiscenza carnale fosse del<br />

tutto assente nella concezione verginale, da cui nacque Colui nel quale non doveva<br />

trovare nulla che meritasse la morte l’autore della morte, che tuttavia lo avrebbe ucciso,<br />

per essere vinto con la morte dell’autore della vita. Vincitore del primo Adamo, tiranno<br />

del genere umano, vinto dal secondo Adamo e privato del genere cristiano che, in mezzo<br />

al genere umano è stato liberato dal crimine umano, per opera di Colui che non aveva il<br />

crimine, sebbene appartenesse a quel genere, affinché l’ingannatore fosse vinto da quel<br />

medesimo genere che aveva sconfitto con il peccato. E tutto questo accadde perché<br />

l’uomo non se ne inorgoglisca, ma colui che si gloria, si glori nel Signore 126 . Colui che fu<br />

vinto, infatti, era solo uomo, e fu vinto perché orgogliosamente desiderava essere Dio.<br />

Invece Colui che vinse era insieme uomo e Dio, e, nascendo da una vergine, in tanto<br />

vinse in quanto umilmente Dio non dirigeva quell’uomo alla maniera degli altri santi, ma<br />

lo faceva sussistere in lui stesso. Questi doni così grandi di Dio ed altri ancora, se ve ne<br />

sono, circa i quali sarebbe troppo lungo per noi, a proposito del nostro argomento,<br />

indagare e discutere ora, non esisterebbero, se il Verbo non si fosse fatto carne 127 .<br />

La nostra scienza è Cristo, la nostra sapienza è ancora Cristo<br />

19. 24. Tutto ciò che il Verbo fatto carne 128 ha fatto e sofferto per noi nel tempo e nello<br />

spazio appartiene, secondo la distinzione che abbiamo cominciato a chiarire, alla scienza,<br />

non alla sapienza 129 . Invece ciò che il Verbo è al di fuori del tempo e dello spazio, è<br />

coeterno al Padre e tutto intero in ogni luogo 130 ; di questo, se qualcuno può, per quanto<br />

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