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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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scomparsa della forma del corpo che era percepito corporalmente, resta di esso nella<br />

memoria una similitudine, verso cui la volontà può di nuovo volgere lo sguardo<br />

dell’anima, per informarlo dall’interno, come prima il senso veniva informato dall’esterno<br />

dall’oggetto sensibile. E così si produce una trinità, formata dalla memoria, dalla visione<br />

interna e dalla volontà che unisce l’una all’altra. Quando questi tre elementi si uniscono<br />

(coguntur) in un solo tutto, questa riunione (coactus) fa sì che questo tutto si chiami con<br />

il nome di pensiero (cogitatio). Non c’è più ora fra questi tre elementi diversità di<br />

sostanza. Non c’è più infatti quel corpo sensibile, del tutto diverso dalla natura dell’essere<br />

animato; né vi è il senso corporeo che viene informato affinché si produca la visione, né<br />

la volontà stessa si adopera più a mettere il senso in contatto con l’oggetto sensibile per<br />

informarlo e a tenervelo fissato una volta che è informato. Ma alla forma del corpo<br />

esteriormente percepito con il senso, succede la memoria che conserva quella forma di<br />

cui, per mezzo del senso corporeo, l’anima si è impregnata; in luogo della visione che si<br />

produceva all’esterno, quando il senso era informato dal corpo sensibile, si ha una visione<br />

interiore simile, quando il ricordo conservato nella memoria informa lo sguardo dell’anima<br />

e si pensa a dei corpi assenti; quanto alla volontà, allo stesso modo che per informare il<br />

senso lo metteva in contatto con l’oggetto corporeo e, una volta informato, ve lo teneva<br />

unito, così volge lo sguardo dell’anima, che evoca il ricordo, verso la memoria, affinché<br />

l’immagine conservata nella memoria informi questo sguardo e si produca nel pensiero<br />

una visione simile. Ma, come la ragione ci permetteva di distinguere la forma visibile che<br />

informava il senso corporeo dalla sua similitudine, che si produceva nel senso informato,<br />

perché ci fosse la visione (poiché la loro unione era così stretta che, senza la ragione, si<br />

sarebbero considerate una sola identica realtà), la stessa cosa vale per la visione<br />

immaginativa, quando l’anima pensa alla forma del corpo già veduto, in quanto è<br />

costituita dall’immagine del corpo conservata dalla memoria e da quella, originata dalla<br />

prima, che viene formata nello sguardo dell’anima che evoca il ricordo; tuttavia sembra<br />

che non vi sia che una sola ed identica realtà, al punto che non vi si possono scoprire due<br />

elementi se non con il giudizio della ragione, con la quale comprendiamo che una cosa è<br />

ciò che rimane nella memoria, anche quando si pensa ad una cosa diversa, altra cosa<br />

l’immagine che evoca il ricordo, quando ritorniamo alla nostra memoria e vi troviamo<br />

questa forma. Se questa forma non ci fosse più, la dimenticanza sarebbe di tale natura<br />

che ogni ricordo sarebbe del tutto impossibile. Se poi lo sguardo di colui che evoca<br />

questo ricordo non fosse informato ad opera di questa realtà conservata nella memoria,<br />

non si potrebbe realizzare in alcun modo la visione del pensiero. Ma l’unione di queste<br />

due realtà, cioè dell’immagine che è conservata dalla memoria e dell’espressione che se<br />

ne forma nello sguardo di colui che evoca il ricordo, poiché sono somigliantissime, fa sì<br />

che esse appaiano come una sola realtà. Ma quando lo sguardo del pensiero si sia distolto<br />

da quella immagine e abbia cessato di guardare l’immagine che vedeva nella memoria,<br />

non resterà nulla della forma che si era impressa in esso e sarà informato dal ricordo<br />

verso cui si sarà volto perché abbia origine un nuovo pensiero. Tuttavia nella memoria<br />

resta il ricordo abbandonato verso cui lo sguardo si possa volgere, quando vogliamo<br />

evocarlo, e ad opera del quale sia informato per questo stesso suo volgersi e così si formi<br />

una certa unità con il principio informante.<br />

Compito della volontà<br />

4. 7. Ma quella volontà che porta e riporta di qua, di là, per informarlo, lo sguardo e, una<br />

volta informato, lo tiene unito al suo oggetto, se si concentra tutta intera sull’immagine<br />

interiore e se distoglierà del tutto lo sguardo dell’anima dalla presenza dei corpi che<br />

stanno attorno ai nostri sensi e dagli stessi sensi corporei, e lo volgerà pienamente<br />

all’immagine che si vede internamente, la somiglianza della forma corporea, espressa<br />

dalla memoria, prende un tale rilievo che nemmeno la stessa ragione riesce a distinguere<br />

se si tratti di un corpo esterno, realmente percepito, o del pensiero che se ne ha<br />

internamente. Infatti talvolta gli uomini, affascinati o atterriti da una rappresentazione<br />

troppo viva delle cose visibili, si sono messi a pronunciare improvvisamente delle parole,<br />

come se si trovassero realmente nel vivo di quelle azioni o passioni. E ricordo di aver<br />

sentito raccontare da un tale che egli era solito farsi una rappresentazione così viva e,<br />

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