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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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per così dire, talmente materiale di un corpo femminile, che la sensazione di essere ad<br />

esso unito come in modo carnale, giungeva al punto di provocargli l’emissione di seme.<br />

Tanta è la forza che ha l’anima di agire sul suo corpo, e tanto il suo potere di modificare<br />

e cambiare 7 il comportamento di questa veste corporale, che essa si può paragonare ad<br />

un uomo che, dopo aver indossato un abito, sia inseparabile da questa veste. A questo<br />

stesso genere di affezioni appartiene il gioco di immagini che avviene in noi durante il<br />

sonno. Ma occorre distinguere bene il caso in cui, essendo i sensi assopiti, come nel<br />

sonno, o soffrendo di un turbamento organico, come nella follia, o essendo in qualche<br />

modo alienati, come accade agli indovini ed ai profeti, l’attenzione dell’anima si porta<br />

necessariamente sulle immagini che le sono presentate o dalla memoria o da qualche<br />

altra forza occulta, attraverso una mescolanza di rappresentazioni spirituali ugualmente<br />

appartenenti ad una sostanza spirituale, dall’altro caso in cui, come accade talvolta ad<br />

uomini sani ed in stato di veglia, la volontà, tutta presa dal pensiero, si distoglie dai<br />

sensi, e informa lo sguardo dell’anima di diverse immagini di oggetti sensibili, in modo<br />

tale che si abbia l’impressione di percepire gli oggetti sensibili stessi. Queste impressioni<br />

immaginative non si producono solo quando la volontà, spinta dal desiderio, fissa la sua<br />

attenzione su tali immagini interiori, ma anche quando, volendo evitarle e difendersene,<br />

l’anima si vede forzata a contemplare ciò che non vorrebbe vedere. Perciò non solo il<br />

desiderio, ma anche il timore, fissa il senso sulle cose sensibili o lo sguardo dell’anima<br />

sulle immagini degli oggetti sensibili perché ne sia informato. Ecco perché, quanto più<br />

sono violenti il desiderio o il timore, lo sguardo è informato in maniera tanto più nitida,<br />

sia che esso senta perché informato ad opera di un corpo situato nello spazio, sia che<br />

pensi perché informato ad opera dell’immagine di un corpo presente nella memoria.<br />

Dunque ciò che un corpo esteso è in rapporto al senso, l’immagine del corpo presente<br />

alla memoria è in rapporto allo sguardo dell’anima e, ciò che è la visione di colui che<br />

guarda in rapporto alla forma del corpo ad opera della quale il senso è informato, lo è la<br />

visione di colui che pensa in rapporto all’immagine del corpo fissata nella memoria, ad<br />

opera della quale è informato lo sguardo dell’anima; infine ciò che è l’attenzione della<br />

volontà in rapporto all’unione dell’oggetto percepito e della visione in modo che si formi<br />

di tre elementi una specie di unità (benché questi elementi siano di diversa natura)<br />

questa stessa attenzione della volontà è in rapporto all’unione dell’immagine del corpo<br />

presente alla memoria e della visione del pensiero, cioè della forma che prende lo<br />

sguardo dell’anima ripiegandosi sulla memoria, in modo che ci sia anche qui una certa<br />

unità di tre elementi, questa volta non più distinti per diversità di natura, ma<br />

appartenenti ad una sola ed identica sostanza, perché tutto questo è interiore e tutto è<br />

una sola anima.<br />

La trinità dell’uomo esteriore non è immagine di Dio<br />

5. 8. Così come, una volta scomparse la forma e l’apparenza del corpo, la volontà non vi<br />

può applicare il senso della vista, allo stesso modo una volta che l’oblio ha distrutto<br />

l’immagine presente alla memoria la volontà non ha più dove volgere lo sguardo<br />

dell’anima perché ne sia informato ad opera del ricordo. Tuttavia, poiché il potere<br />

dell’anima giunge fino a rappresentarsi non solo delle cose dimenticate, ma anche delle<br />

cose di cui non ha mai avuto percezione né esperienza, aumentando, diminuendo,<br />

cambiando, accostando a suo piacimento i ricordi che non sono scomparsi, essa spesso<br />

immagina un oggetto sotto una certa forma mentre sa che esso non l’ha, o ignora se l’ha.<br />

In questo caso deve guardarsi dalla menzogna che inganni gli altri, o dalla illusione che<br />

inganni essa stessa. Una volta evitati questi due mali, questi fantasmi dell’immaginazione<br />

non apportano alcun nocumento all’anima, come non le apportano alcun nocumento le<br />

cose sperimentate con i sensi e conservate dalla memoria, se non sono desiderate con<br />

cupidigia qualora siano utili, e se non si evitano disonestamente, se sono dannose. Ma<br />

quando la volontà, a scapito di beni migliori, si diletta con avidità di queste cose, essa si<br />

contamina e così le è funesto il pensarvi quando sono presenti, più funesto ancora<br />

quando sono assenti. Si vive dunque male e in maniera non conforme alla propria natura,<br />

quando si vive secondo la trinità dell’uomo esteriore. Perché è il desiderio di far uso delle<br />

cose sensibili e corporee che genera anche quella stessa trinità che, sebbene se le<br />

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