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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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al Figlio, ha senso assoluto, ne consegue che "ingenerato" si dice in senso sostanziale, e<br />

così il Figlio, perché non si può chiamare ingenerato, non è della stessa sostanza" 14.<br />

Ecco come si risponde a questa argomentazione astuta per costringerli a dire in che cosa<br />

il Figlio sia uguale al Padre: è uguale per ciò che è in senso assoluto o per la relazione al<br />

Padre? Ora non è uguale in quanto dice relazione al Padre, perché figlio è un termine<br />

relativo a padre, ma il padre non è figlio, bensì padre. Infatti padre e figlio non sono dei<br />

correlativi, come amici o vicini. Si parla di amico in relazione ad un amico e, se i due si<br />

amano ugualmente, l’amicizia è identica in ambedue. Così pure si parla di vicino in<br />

relazione ad un vicino; e, poiché i vicini sono ugualmente vicini tra loro (perché l’uno è<br />

tanto vicino all’altro, quanto questo a quello) la vicinanza è identica in ambedue. Ma figlio<br />

non dice relazione al figlio, ma ad un padre e perciò non è nel senso della sua relazione al<br />

Padre che il Figlio è uguale al Padre. Il Figlio dunque non può essere uguale che in senso<br />

assoluto. Ma tutto ciò che si afferma in senso assoluto concerne la sostanza; perciò<br />

l’uguaglianza del Figlio non può essere che di ordine sostanziale. Dunque il Padre ed il<br />

Figlio sono di una stessa sostanza. Ma quando si dice che il Padre è ingenerato, non si<br />

designa ciò che è, bensì ciò che non è 15, mentre la negazione del relativo non è una<br />

negazione di ordine sostanziale, perché il relativo non concerne la sostanza.<br />

La negazione non muta il predicamento<br />

7. 8. Ciò apparirà più chiaro con alcuni esempi. Anzitutto occorre osservare che<br />

"generato" ha lo stesso senso di "figlio". Infatti uno è figlio perché generato e generato<br />

perché figlio. Di conseguenza, quando si dice "ingenerato" si nega che sia figlio. Ma<br />

"generato" e "ingenerato" sono parole correnti, mentre in latino, se c’è il termine filius, il<br />

linguaggio usuale non autorizza la parola infilius. Tuttavia si conserva integro il senso se<br />

si dice: non filius, come pure se si dice: non genitus; dato che "ingenerato" non significa<br />

altro che "non generato". Allo stesso modo "vicino" ed "amico" sono termini ugualmente<br />

relativi, ma non si può tuttavia dire: invicinus, come si dice: inimicus. Perciò nelle cose<br />

non bisogna badare a ciò che permette o non permette l’uso del nostro linguaggio, ma<br />

quale senso riflettano le cose stesse. Non diciamo qui, dunque, "ingenerato" benché il<br />

latino lo permetta, ma in suo luogo diciamo: "non generato", che ha lo stesso senso. Ma<br />

allora non è lo stesso che dire "non figlio"? Premettere la particella negativa non<br />

conferisce un senso sostanziale a un termine che, privo di essa, ha un senso relativo. Si<br />

nega soltanto ciò che senza di essa veniva affermato, come negli altri predicamenti.<br />

Quando diciamo, per esempio, "È un uomo", designiamo la sostanza. Chi dice dunque:<br />

"Non è un uomo" non enuncia un’altra specie di predicamento, ma soltanto nega il<br />

medesimo. Come ha un senso sostanziale la mia affermazione: "È un uomo", ha un senso<br />

sostanziale la mia negazione, quando dico: "Non è un uomo". E se qualcuno mi chiede la<br />

statura di quest’uomo e rispondo: Quadripedalis, cioè "quattro piedi", la mia<br />

affermazione concerne la quantità, e chi dice: "Non è di quattro piedi", la sua negazione<br />

concerne la quantità. "È bianco" è un’affermazione che si riferisce alla qualità; "Non è<br />

bianco" è una negazione che riguarda la qualità. "È vicino", è un’affermazione di<br />

relazione; "Non è vicino" è una negazione di relazione. È la posizione che affermo,<br />

quando dico: "Giace"; ed è la posizione che nego quando dico: "Non giace". È la maniera<br />

esteriore di essere che affermo, quando dico: "È armato"; è questa maniera di essere che<br />

nego, quando dico: "Non è armato"; ed è la stessa cosa se dico: "È inerme". Quando<br />

dico: "È di ieri", affermo il tempo; nego il tempo quando dico: "Non è di ieri". E quando<br />

dico: "È a Roma", la mia affermazione riguarda il luogo, e la mia negazione si riferisce al<br />

luogo quando dico: "Non è a Roma". Parlo dell’azione quando affermo: "Percuote"; e pure<br />

dell’azione nella negazione: "Non percuote", per dire che non fa questo. Infine, quando<br />

dico: "È percosso", chiamo in causa il predicamento detto passione, ed escludo questo<br />

stesso predicamento dicendo: "Non è percosso". E così non c’è alcun tipo di predicamento<br />

riferendoci al quale noi vogliamo formulare un’affermazione, senza che siamo costretti a<br />

negare nei termini dello stesso predicamento, se noi vogliamo far uso, preponendola,<br />

della particella negativa 16. Stando così le cose 17, se mi riferisco alla sostanza quando<br />

dico "Figlio", alla sostanza si riferisce la mia negazione quando dico: "Non figlio". Ma<br />

poiché alla relazione si riferisce la mia affermazione, quando dichiaro: "È figlio", perché<br />

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