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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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nella quale siamo stati creati uomini, superiori agli altri animali 83 . È della stessa natura<br />

umana che è detto: L’uomo non deve velare il suo capo, dato che è immagine e gloria di<br />

Dio 84 . Questa natura, la più nobile tra le cose create, quando viene giustificata, ad opera<br />

del suo Creatore, dall’empietà, lascia la sua forma deforme (deformis forma), per<br />

acquisire una forma bella (forma formosa). Perché anche nella stessa empietà, quanto<br />

più è degna di biasimo la corruzione, tanto più certamente è degna di lode la natura. È<br />

per questo che l’Apostolo aggiunge: di gloria in gloria 85 ; dalla gloria della creazione alla<br />

gloria della giustificazione. Tuttavia si può intendere in altra maniera l’espressione: di<br />

gloria in gloria; dalla gloria della fede alla gloria della visione, dalla gloria che fa di noi dei<br />

figli di Dio alla gloria che ci renderà simili a lui, perché lo vedremo come egli è 86 . E le<br />

parole che aggiunge: come ad opera dello Spirito del Signore 87 , mostrano che è per la<br />

grazia di Dio che ci viene conferito il beneficio di una trasformazione così desiderabile.<br />

L’enigma è una allegoria oscura<br />

9. 15. Tutto questo è stato detto per commentare le parole dell’Apostolo che afferma che<br />

noi vediamo ora come in uno specchio 88 . Le parole seguenti: in enigma, sono<br />

incomprensibili a tutti gli illetterati che ignorano le figure della retorica, che i Greci<br />

chiamano tropi, parola passata dalla loro lingua nella lingua latina. Come infatti parliamo<br />

più correntemente di "schemi" che di "figure", così parliamo più correntemente di "tropi"<br />

che di "figure retoriche". Quanto a tradurre in latino i nomi di ogni tropo o figura, in<br />

modo che ad ogni parola greca ne corrisponda una latina, è impresa fin troppo difficile e<br />

inusitata. Così alcuni dei nostri interpreti, volendo evitare la parola greca, traducono il<br />

passo in cui l’Apostolo dice: Queste cose sono dette in senso allegorico 89 , con questa<br />

circonlocuzione: "Queste cose significano una cosa per un’altra" 90 . Ora questo genere di<br />

tropo, cioè l’allegoria, si suddivide in molte specie, tra le quali si trova anche quella che si<br />

chiama "enigma". Ma è necessario che la definizione di un termine generico abbracci<br />

tutte le specie. Per questo, come ogni cavallo è animale, ma non ogni animale è cavallo,<br />

così ogni enigma è allegoria, ma non ogni allegoria è enigma. Che è dunque un’allegoria<br />

se non un tropo in cui si fa intendere una cosa con un’altra, come in quel passo della<br />

Lettera ai Tessalonicesi: Dunque non dormiamo come gli altri uomini, ma vigiliamo e<br />

siamo sobri. Infatti quelli che dormono, dormono di notte e quelli che si inebriano, si<br />

inebriano di notte; ma noi che siamo figli del giorno, siamo sobri 91 ? Ma questa allegoria<br />

non è un enigma. Infatti, eccetto per coloro che sono molto tardi di ingegno, il senso di<br />

questa espressione è pienamente evidente. L’enigma invece è, per spiegarlo in breve,<br />

un’allegoria oscura 92 , come il passo: La sanguisuga ha tre figlie 93 , ed altri di questo<br />

genere. Tuttavia, quando l’Apostolo parla di allegoria, non la individua nelle parole, ma in<br />

un fatto, nel fatto in cui mostra che i due figli di Abramo, uno della schiava, l’altro della<br />

donna libera 94 (non si trattava di parole, ma anche di un fatto) devono significare i due<br />

Testamenti; questo fatto prima della spiegazione restava oscuro. Perciò una tale<br />

allegoria, termine generico, potrebbe essere chiamata enigma, se si usa un termine<br />

specifico.<br />

L’Apostolo col termine "specchio" indica l’immagine, con quello di "enigma" una<br />

rassomiglianza, ma oscura<br />

9. 16. Ma, poiché non soltanto coloro che ignorano le lettere, in cui si studiano i tropi, si<br />

chiedono che cosa abbia voluto dire l’Apostolo quando afferma che ora noi vediamo in<br />

enigma 95 , ma anche coloro che le conoscono desiderano tuttavia sapere che cosa sia<br />

quell’enigma in cui ora vediamo, dobbiamo formare una sola espressione costituita da<br />

queste due affermazioni, quella che dice: Vediamo ora attraverso uno specchio, e quella<br />

che ha aggiunto: in enigma. È infatti una sola espressione perché l’Apostolo dice in una<br />

sola frase così: Vediamo ora attraverso uno specchio, in enigma 96 . Perciò, a quanto mi<br />

sembra, se con la parola "specchio" volle significare l’immagine, con la parola "enigma",<br />

sebbene abbia voluto significare una "somiglianza", ha voluto tuttavia significare una<br />

somiglianza oscura e difficile da attingere. Se dunque si può intendere che con le parole<br />

"specchio" ed "enigma" l’Apostolo ha voluto significare qualunque somiglianza adatta a<br />

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