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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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conoscenze che esistono nell’anima dell’uomo credente, promanando da questa fede e da<br />

una vita conforme alla fede, quando sono conservate nella memoria sono contemplate<br />

nel ricordo, piacciono alla volontà, formano una specie di trinità. Ma l’immagine di Dio, di<br />

cui parleremo in seguito, con l’aiuto di lui, non si trova ancora in essa. Ciò si vedrà<br />

meglio quando avremo mostrato dove essa si trovi: per trovarla, il lettore attenda al libro<br />

seguente.<br />

L’uomo esteriore e l’uomo interiore<br />

1. 1. Vediamo ora dove si trovi ciò che è come il confine tra l’uomo esteriore e l’uomo<br />

interiore. Perché tutto ciò che nella nostra anima ci è comune con gli animali si dice, e a<br />

ragione, che appartiene ancora all’uomo esteriore. Infatti non solo il corpo costituisce<br />

l’uomo esteriore, ma va aggiunta questa specie di vita che dà vigore all’organismo<br />

corporeo e a tutti i sensi dei quali è dotato per sentire i corpi esterni; le immagini di<br />

questi corpi sentiti, fissate nella memoria e rappresentate con il ricordo, appartengono<br />

ancora all’uomo esteriore. In tutto questo non ci differenziamo dagli animali se non<br />

perché, per la conformazione del nostro corpo, non siamo proni ma eretti 1 . Questo<br />

privilegio, secondo l’intenzione di Colui che ci ha creato, ci ammonisce di non essere con<br />

la nostra parte migliore, cioè con l’anima, simili agli animali, dai quali ci distingue la<br />

statura eretta. Non che noi dobbiamo fissare l’anima sui corpi che sono in alto, perché,<br />

cercare il riposo della volontà in tali cose, sarebbe ancora trascinare verso il basso<br />

l’anima. Ma come il nostro corpo, per natura, è eretto verso quelli che tra i corpi sono i<br />

più elevati, cioè verso i corpi celesti, così la nostra anima, che è sostanza spirituale, ha<br />

da volgersi verso quelle che sono le più elevate tra le realtà spirituali; non con<br />

un’esaltazione orgogliosa, ma con un pio amore della giustizia.<br />

La conoscenza delle verità eterne<br />

2. 2. Anche gli animali possono percepire, per mezzo dei sensi corporei, i corpi esteriori,<br />

ricordandosene dopo che si sono fissati nella memoria; desiderare, fra essi, quelli che<br />

sono utili, fuggire quelli che sono nocivi. Ma non possono invece fissare su di essi<br />

l’attenzione; ritenere, oltre ai ricordi spontaneamente captati dalla memoria, quelli che<br />

ad essa si affidano intenzionalmente; imprimerveli di nuovo, quando stanno già per<br />

cadere in dimenticanza, ricordandoli e pensandoli in modo che, come il pensiero si forma<br />

a partire dal contenuto della memoria, così lo stesso contenuto della memoria sia<br />

consolidato dal pensiero; costruire visioni immaginarie raccogliendo e, per così dire,<br />

ricucendo questi e quei ricordi presi di qui e di là; vedere come, in questo genere di cose,<br />

il verosimile si distingue dal vero, non nell’ordine spirituale, ma perfino nell’ordine<br />

materiale; tutti questi fenomeni, ed altri di tal genere, sebbene si svolgano e si trovino<br />

nell’ordine sensibile e nell’ordine delle conoscenze che l’anima ha attinto per mezzo dei<br />

sensi corporei, tuttavia non sono estranei alla ragione, né sono un qualcosa di comune<br />

agli uomini ed agli animali. Ma è compito della ragione superiore il giudicare di queste<br />

cose corporee, secondo le leggi incorporee ed eterne. Se queste non fossero al di sopra<br />

dello spirito umano, certamente non sarebbero immutabili; ma se esse non avessero<br />

alcun legame con quella parte di noi stessi che è loro sottomessa, non potremmo, in base<br />

ad esse, giudicare delle realtà corporee 2 . Ora noi giudichiamo delle realtà corporee<br />

secondo la legge delle dimensioni e delle figure, legge di cui il nostro spirito conosce la<br />

persistenza immutabile.<br />

La duplice funzione della ragione in un unico spirito<br />

3. 3. Ma ciò che in noi, pur non essendoci comune con gli animali, presiede alle nostre<br />

attività di ordine materiale e temporale, appartiene senza dubbio alla ragione, ma di<br />

quella sostanza razionale del nostro spirito, che ci unisce e sottomette alla verità<br />

intelligibile e immutabile, è, come una derivazione e una applicazione nel trattamento e<br />

nel governo delle cose inferiori. Come infatti in tutto il regno animale non si trovò per<br />

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