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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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e volontà. Ho intelligenza di intendere, volere e ricordare. Ho volontà di volere, di<br />

ricordare, di intendere 38 . Con la mia memoria abbraccio insieme tutta la mia memoria,<br />

intelligenza e volontà. Infatti ciò che della mia memoria non ricordo, non è nella mia<br />

memoria. Ma niente è tanto nella memoria, come la memoria stessa. Dunque me la<br />

ricordo tutta intera. Così tutto ciò che intendo so di intenderlo e so di volere tutto ciò che<br />

voglio, ora tutto ciò che so, lo ricordo. Dunque mi ricordo di tutta la mia intelligenza, di<br />

tutta la mia volontà. Allo stesso modo quando intendo queste tre cose, le intendo tutte<br />

intere insieme. Non c’è infatti cosa intelligibile che io non intenda, se non ciò che ignoro.<br />

Ma ciò che ignoro nemmeno lo ricordo, neppure lo voglio. Tutto ciò che di intelligibile<br />

invece ricordo e voglio, per questo fatto stesso lo intendo. Anche la mia volontà contiene<br />

la mia intelligenza tutta intera, e la mia memoria tutta intera quando faccio uso di tutto<br />

ciò che intendo e ricordo. In conclusione quando queste tre cose si contengono<br />

reciprocamente, e tutte in ciascuna e tutte interamente, ciascuna nella sua totalità è<br />

uguale a ciascuna delle altre nella sua totalità e ciascuna di esse nella sua totalità è<br />

uguale a tutte considerate insieme e nella loro totalità: tutte e tre costituiscono una sola<br />

cosa 39 , una sola vita, un solo spirito, una sola essenza.<br />

Lo spirito immagine della Trinità nella memoria, intelligenza e amore di sé<br />

12. 19. Dobbiamo noi, dunque, da questo momento con tutta la forza dell’attenzione,<br />

qualunque essa sia, elevarci a quell’essenza suprema ed altissima di cui lo spirito umano<br />

è un’immagine imperfetta, ma tuttavia sempre immagine? O dobbiamo studiare ancora<br />

più chiaramente queste tre potenze dell’anima ricorrendo agli oggetti che si percepiscono<br />

all’esterno con i sensi del corpo, dove in maniera transitoria si imprime la conoscenza<br />

delle cose corporee? Lo spirito ci è apparso, nella memoria, nell’intelligenza, e nella<br />

volontà che ha di sé, tale che, intendendo noi che non cessa di conoscersi, che non cessa<br />

di volersi, intendessimo nello stesso tempo che non cessa di ricordarsi di sé, che non<br />

cessa di intendersi e di amarsi sebbene non sempre si pensi distinto da quelle cose che<br />

non sono ciò che esso è; ma è questo che rende difficile distinguere in esso la memoria di<br />

sé e l’intelligenza di sé. Che esse non siano quasi due cose, ma una sola espressa con<br />

due nomi differenti, è ciò che sembra quando sono molto congiunte tra loro e l’una non<br />

precede temporalmente l’altra; l’esistenza dell’amore stesso non è così percettibile, dato<br />

che non lo svela l’indigenza, perché ciò che si ama è sempre presente. Perciò queste cose<br />

possono diventare chiare anche ai più tardi d’ingegno quando si tratta delle cose che<br />

all’anima sopraggiungono nel tempo ed accadono nel tempo, quando ricorda un oggetto<br />

che prima non ricordava e quando vede un oggetto che prima non vedeva, e quando ama<br />

un oggetto che prima non amava. Ma questa trattazione esige che si inizi un nuovo libro,<br />

a causa delle dimensioni di questo.<br />

Vestigio della Trinità nell’uomo esteriore<br />

LIBRO UNDICESIMO<br />

1. 1. Non c’è dubbio per nessuno che, come l’uomo interiore è dotato di intelligenza,<br />

l’uomo esteriore è dotato di sensibilità corporea. Sforziamoci dunque, se è possibile, di<br />

indagare anche nell’uomo esteriore qualche vestigio della Trinità. Non che anche questo<br />

sia immagine di Dio 1 allo stesso modo che lo è l’uomo interiore, perché lo mostra<br />

chiaramente l’affermazione dell’Apostolo, il quale dichiara che l’uomo interiore si rinnova<br />

nella conoscenza di Dio, secondo l’immagine di colui che l’ha creato 2, e in un altro passo<br />

dice ancora: Anche se l’uomo esteriore si corrompe, l’uomo interiore tuttavia si rinnova di<br />

giorno in giorno 3. In questo uomo che si corrompe cerchiamo dunque, per quanto ci è<br />

possibile, una effigie della Trinità, se non più espressiva, almeno forse più facile da<br />

riconoscersi. Infatti non invano anche questo è chiamato uomo, perché in esso vi è una<br />

qualche rassomiglianza con l’uomo interiore. A motivo della nostra condizione di esseri<br />

mortali e carnali noi trattiamo le cose visibili in maniera più facile e, in qualche modo, più<br />

familiare che non le realtà intelligibili, sebbene quelle siano esterne, queste interne,<br />

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