Sant'Agostino "De Trinitade"
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
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conobbe. Venne in casa propria e i suoi non lo ricevettero 10 . Tutti coloro che sanno la<br />
lingua latina comprendono il senso di queste parole a partire dalle cose che sanno.<br />
Alcune di queste cose abbiamo conosciuto per mezzo dei sensi che appartengono al<br />
corpo, per esempio l’uomo, il mondo, la cui immensità vediamo con tanta evidenza, e<br />
ancora i suoni di queste parole, perché anche l’udito è un senso del corpo. Altre fra<br />
queste cose conosciamo per mezzo della ragione che appartiene all’anima, come<br />
l’espressione: i suoi non lo ricevettero; infatti si capisce che significa: "non credettero in<br />
lui", e ciò che questa espressione vuol dire non lo conosciamo per mezzo di alcun senso<br />
che appartiene al corpo, ma per mezzo della ragione che appartiene all’anima. Anche per<br />
quanto riguarda le parole, non i loro suoni, ma il loro significato, lo abbiamo appreso in<br />
parte per mezzo dei sensi del corpo, in parte per mezzo della ragione che appartiene<br />
all’anima. Né abbiamo udito queste parole ora per la prima volta, ma le avevamo già<br />
udite, e non solo di esse, ma anche del loro significato, conservavamo la conoscenza<br />
nella memoria, ed è là che li abbiamo riconosciuti. Pronuncio, per esempio, mondo,<br />
questa parola di due sillabe: poiché è un suono, è una realtà materiale che è conosciuta<br />
per mezzo del corpo; in questo caso per mezzo dell’orecchio, ma anche il suo significato<br />
è conosciuto per mezzo del corpo, in questo caso per mezzo degli occhi della carne.<br />
Perché il mondo, nella misura in cui è conosciuto, è conosciuto da coloro che lo vedono.<br />
Per quanto riguarda la parola di quattro sillabe: "credettero", il suo suono, poiché è<br />
materiale, penetra attraverso il nostro orecchio di carne, ma il suo significato non è<br />
conosciuto da alcun senso che appartiene al corpo, ma dalla ragione che appartiene<br />
all’anima. Se infatti non conoscessimo per mezzo dell’anima che cosa significhi<br />
"credettero", non comprenderemmo che cosa si siano rifiutati di fare coloro dei quali è<br />
detto: E i suoi non lo ricevettero 11 . Dunque il suono della parola risuona dal di fuori agli<br />
orecchi del corpo, e attinge il senso che si chiama udito. Anche la forma dell’uomo è, da<br />
una parte, conosciuta da noi in noi stessi; dall’altra, nella persona degli altri, si presenta<br />
dall’esterno ai sensi corporei: agli occhi, quando si vede, agli orecchi quando si sente, al<br />
tatto quando si tiene o si tocca; essa ha anche la sua immagine nella nostra memoria,<br />
immagine immateriale di certo, ma simile al corpo. Infine la bellezza mirabile del mondo<br />
stesso si presenta a noi dal di fuori sia ai nostri sguardi che a quel senso che chiamiamo<br />
tatto, quando tocchiamo un oggetto di questo mondo. Esiste, all’interno, nella nostra<br />
memoria, anche una immagine di esso, alla quale ricorriamo, quando lo pensiamo,<br />
circondati da mura o nelle tenebre. Ma di queste immagini delle cose corporee, immagini<br />
immateriali certo, ma che hanno somiglianza con i corpi, ed appartengono alla vita<br />
dell’uomo esteriore, abbiamo parlato già a sufficienza nel libro undicesimo. Ora trattiamo<br />
dell’uomo interiore e della sua scienza che concerne le cose temporali e mutevoli.<br />
Quando l’uomo interiore porta la sua attenzione su qualcosa, sia pure una cosa tra quelle<br />
che appartengono all’uomo esteriore, deve farlo per trarne qualche insegnamento che<br />
possa arricchire la conoscenza razionale: e per questo l’uso razionale delle cose, cose che<br />
abbiamo in comune con gli animali privi di ragione, appartiene all’uomo interiore e si ha<br />
torto a dire che esso ci è comune con gli animali privi di ragione.<br />
La fede appartiene all’uomo interiore; in che senso c’è una sola fede in tutti i credenti<br />
2. 5. La fede poi, della quale siamo costretti a trattare assai lungamente in questo libro,<br />
per l’ordine logico del nostro ragionamento, la fede che fa credenti quelli che la<br />
possiedono, infedeli quelli che non la possiedono - come questi che non ricevettero il<br />
Figlio di Dio che veniva in casa propria 12 -, benché si produca in noi per mezzo dell’udito,<br />
tuttavia non appartiene a quel senso del corpo che si chiama udito, perché non è un<br />
suono; né agli occhi di questa carne, perché non è né un colore, né una forma corporea;<br />
né al senso che si chiama tatto, perché è priva di corpulenza; né appartiene<br />
assolutamente ad alcun senso corporeo, perché è una cosa del cuore, non del corpo;<br />
essa non è al di fuori di noi, ma nell’intimo di noi stessi; nessun uomo la vede in un altro,<br />
ma ciascuno in se stesso. Infine si può sia fingere di averla, sia pensare che esista in chi<br />
non l’ha. Pertanto ciascuno vede la propria fede in se stesso, negli altri crede che esista,<br />
ma non la vede, e lo crede tanto più fermamente quanto meglio ne conosce i frutti, che<br />
la fede di solito produce per mezzo della carità 13 . Ecco perché la fede è comune a tutti<br />
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