Sant'Agostino "De Trinitade"
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
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che egli non possiede, a meno che non la riceva da Colui che, per partecipazione, può<br />
rendere veramente sapiente lo spirito razionale e intelligente. È di essa che Cicerone fa<br />
l’elogio alla fine del dialogo "Ortensio": Noi che giorno e notte meditiamo queste cose ed<br />
aguzziamo la nostra intelligenza, che è la punta viva dello spirito e che stiamo attenti a<br />
non lasciarla ottundersi, cioè noi che viviamo da filosofi, abbiamo una grande speranza:<br />
o ciò che pensiamo e gustiamo spiritualmente è mortale e caduco, ed allora, compiuti i<br />
doveri umani, la morte ci sarà dolce e ci estingueremo senza rimpianto, e sarà come il<br />
riposo della vita; o se, come hanno pensato gli antichi filosofi e fra essi i più grandi e di<br />
gran lunga più illustri, abbiamo un’anima eterna e divina, allora dobbiamo ritenere che<br />
quanto più un uomo avrà agito senza distogliersi dalla sua via, cioè in conformità alla<br />
ragione ed al desiderio di sapere e quanto meno si sarà mescolato e avrà preso parte ai<br />
vizi e agli errori degli uomini, tanto più l’ascesa e il ritorno al cielo gli saranno facili 131 . Poi<br />
riprendendo e completando il suo ragionamento aggiunge: Per questo, per por fine a<br />
questa discussione, se vogliamo estinguerci tranquillamente, dopo esserci dedicati<br />
durante la nostra vita a queste discipline, o se vogliamo passare senza alcun intervallo di<br />
tempo da questa dimora in un’altra infinitamente migliore, dobbiamo dedicare a questi<br />
studi tutti i nostri sforzi e tutta la nostra attenzione 132 . Mi meraviglio che un uomo di<br />
tanto ingegno a degli uomini dediti alla filosofia, che li rende beati con la contemplazione<br />
della verità, prometta, una volta compiuti i loro doveri umani, una morte dolce, se ciò<br />
che pensiamo e gustiamo spiritualmente è mortale e caduco, come se morisse e si<br />
estinguesse qualcosa che non amiamo, anzi ciò che odiavamo di tutto cuore al punto di<br />
vederlo scomparire con gioia. In verità ciò non lo aveva appreso dai filosofi, che esalta<br />
con grandi elogi, ma è un’opinione in cui si avverte l’ispirazione della Nuova Accademia,<br />
da cui apprese a dubitare anche delle cose più evidenti. Dai filosofi invece, che egli stesso<br />
riconosce come i più grandi e di gran lunga più illustri, aveva appreso che le anime sono<br />
immortali 133 . Certo non è male che con questi incoraggiamenti le anime immortali<br />
vengano esortate a farsi trovare nella loro via, quando verrà il termine di questa vita,<br />
cioè a vivere in conformità alla ragione e al desiderio di ricerca, e a mescolarsi e<br />
invischiarsi il meno possibile ai vizi e agli errori degli uomini, affinché sia loro più facile il<br />
ritorno a Dio. Ma questa via che consiste nell’amore e nella ricerca della verità non basta<br />
agli infelici, cioè a tutti i mortali che hanno solo la ragione, senza la fede del Mediatore. È<br />
ciò che nei libri precedenti di quest’opera, soprattutto nel quarto e nel tredicesimo, mi<br />
sono sforzato di mostrare, per quanto ho potuto.<br />
LIBRO QUINDICESIMO<br />
Agostino vuole esercitare il lettore attraverso le cose create, affinché intenda, se può, in qualche<br />
modo la Trinità<br />
1. 1. Volendo esercitare il lettore nella contemplazione delle cose create per condurlo alla<br />
conoscenza di Colui che le ha create, eccoci già giunti ora fino alla sua immagine: l’uomo,<br />
più esattamente ciò per cui esso supera gli altri animali, cioè la ragione, l’intelligenza, ed<br />
ogni altra caratteristica dell’anima razionale ed intellettiva, che appartenga a quella realtà<br />
che chiamiamo spirito (spiritus), o animo (animus) 1 . Con questa parola alcuni scrittori di<br />
lingua latina, secondo il modo di parlare che hanno adottato, distinguono ciò che vi è di<br />
più nobile nell’uomo e non si trova nelle bestie, dall’anima (anima), che si trova anche<br />
nelle bestie 2 . Dunque, al di sopra di questa natura, se cerchiamo qualcosa, e cerchiamo<br />
la verità, incontriamo Dio, cioè la natura non creata, ma creatrice. Che Dio sia Trinità, è<br />
ciò che dobbiamo ora dimostrare allo sguardo della fede con l’autorità delle Scritture, ma<br />
anche, se lo possiamo, allo sguardo dell’intelligenza con una riflessione razionale. Perché<br />
io abbia detto: "se lo possiamo", l’oggetto stesso lo mostrerà meglio, quando ne avremo<br />
iniziata la discussione.<br />
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