Sant'Agostino "De Trinitade"
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.
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iconoscere l’immagine di Dio, sebbene siano sempre conosciute, tuttavia, poiché non<br />
sono anche sempre pensate, è difficile vedere come si dica a loro riguardo un verbo<br />
eterno, dato che il nostro verbo è detto dal nostro pensiero. Infatti, per l’anima, vivere è<br />
una cosa che dura sempre, ed è una cosa che dura sempre il sapere che vive; ma il<br />
pensare la sua vita, o il pensare alla conoscenza della sua vita non sono cose che durano<br />
sempre, perché dal momento in cui comincerà a pensare a questa o a quest’altra cosa,<br />
smetterà di pensare che vive, sebbene non cessi di saperlo. Da ciò consegue che, se<br />
l’anima può avere in sé una scienza che dura sempre, e non può durare sempre il<br />
pensiero di questa scienza, e d’altra parte il nostro verbo interiore vero non può essere<br />
detto che dal nostro pensiero, si deve concludere che Dio solo ha un Verbo che dura<br />
sempre e gli è coeterno. A meno che non si debba dire che la possibilità stessa di pensare<br />
(perché ciò che si sa, anche quando non viene pensato, è tuttavia suscettibile di venir<br />
esplicato in un pensiero che lo riproduce fedelmente) è un verbo che dura sempre come<br />
sempre dura la scienza. Ma come può essere verbo, quello che non ha ancora preso<br />
forma nella visione del pensiero? Come sarà simile alla scienza dalla quale nasce, se non<br />
ne riproduce la forma e se merita già questo nome di verbo solo perché lo si può<br />
riprodurre? È come se si dicesse che bisogna già chiamarlo verbo, perché può essere<br />
verbo. Ma che cos’è questa cosa che può essere verbo e per questo già merita il nome di<br />
verbo? Che è, dico, questo qualcosa di formabile e di non ancora formato, se non un<br />
qualcosa del nostro spirito che con una specie di movimento incessante portiamo di qua e<br />
di là, quando pensiamo ora questo ora quello a seconda che lo scopriamo o ci si presenta<br />
spontaneamente? C’è un verbo vero, quando ciò che, come ho già detto, con una specie<br />
di movimento incessante portiamo di qua e di là si fissa su ciò che sappiamo, ne trae la<br />
sua forma, prendendone la piena rassomiglianza; cosicché quale una cosa si conosce tale<br />
anche si pensi, cioè tale sia detta nel cuore, senza pronunciare parola, senza che si pensi<br />
a una parola che senza dubbio appartiene a qualche lingua. Di conseguenza, anche se<br />
concludiamo - per non dare l’impressione di fare una questione di parola - che si debba<br />
già chiamare verbo quel qualcosa del nostro spirito che può ricevere forma dalla nostra<br />
scienza, e ciò, anche prima che abbia preso forma, perché è già, per dir così, formabile,<br />
chi non vedrà quanto grande è qui la dissomiglianza con quel Verbo di Dio, che è nella<br />
forma di Dio 161 , in tal maniera che non è stato prima formabile e poi formato, né può mai<br />
essere informe, ma è forma pura e veramente uguale a Colui dal quale ha origine ed al<br />
quale essa è mirabilmente coeterna?.<br />
16. Perciò così quello si dice Verbo di Dio, senza che si possa dire pensiero di Dio,<br />
affinché non si creda alla presenza in Dio di qualcosa che cambi, e che ora si dia una<br />
forma per essere verbo, ora la riceva, la possa perdere e possa in qualche modo passare<br />
da una forma all’altra. Aveva infatti buona conoscenza delle parole ed intuito della forza<br />
del pensiero quell’egregio scrittore che dice nel suo poema:<br />
rivolge nel suo spirito le varie vicende della guerra 162 ,<br />
ossia "pensa". Il Figlio di Dio non si chiama dunque pensiero di Dio, ma Verbo di Dio.<br />
Poiché il nostro pensiero costituisce il nostro verbo vero, quando termina a ciò che noi<br />
conosciamo e da esso prende forma. Perciò il Verbo di Dio deve intendersi senza che vi<br />
sia pensiero da parte di Dio, così da essere una forma semplice in se stessa, né informe,<br />
né formabile. È vero che anche nelle Scritture sante si parla di pensieri di Dio 163 , ma nello<br />
stesso senso assolutamente improprio in cui in esse si parla pure di dimenticanza di Dio.<br />
Nemmeno nella visione la differenza tra il nostro verbo e quello di Dio cesserà<br />
16. 26. Se dunque la disuguaglianza da Dio e dal Verbo di Dio è tanta adesso in questo<br />
enigma, nel quale tuttavia abbiamo riscontrato qualche somiglianza, dobbiamo dichiarare<br />
che anche quando saremo somiglianti a lui e lo vedremo come è 164 (colui che lo ha scritto<br />
ha senza dubbio avvertito la disuguaglianza attuale) nemmeno allora saremo uguali a lui<br />
per natura. Infatti la natura creata è sempre inferiore alla natura creatrice 165 . È vero che<br />
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