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Sant'Agostino "De Trinitade"

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

Il De Trinitate (Sulla Trinità) è un trattato in quindici libri di Agostino d'Ippona, considerato il suo capolavoro dogmatico. Infatti l'opera a quel tempo chiuse per sempre tutte le speculazioni e le incertezze che riguardavano la Trinità ovvero Dio stesso.

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14. 20. Questi ragionamenti malgrado la loro brevità mirano a mostrare anche a quelli di<br />

ingegno più tardo, sotto gli occhi e alle orecchie dei quali questi scritti giungeranno,<br />

quanto lo spirito ami se stesso perfino nella sua debolezza e nel suo errore, quando ama<br />

colpevolmente e cerca i beni che gli sono inferiori. Ora esso non potrebbe amare se<br />

stesso, se si ignorasse totalmente; cioè, se non si ricordasse di sé, né si comprendesse.<br />

Ché questa immagine di Dio presente in esso ha un così gran potere che è capace di<br />

unirsi a Colui di cui è immagine. Il suo posto nella gerarchia delle nature, non in quella<br />

dei luoghi, è tale che al di sopra di esso non c’è che Dio. Finalmente, quando sarà<br />

perfettamente unito a lui, esso non sarà che un solo spirito con lui; lo attesta l’Apostolo<br />

dicendo: Colui che si unisce al Signore è un solo spirito con lui 74 ; lo spirito si eleva fino<br />

alla partecipazione della natura, della verità, della beatitudine di Dio, senza che tuttavia<br />

Dio si accresca nella sua natura, verità e beatitudine. In quella divina natura, quando le<br />

sarà unito per la sua beatitudine, lo spirito vivrà come qualcosa d’immutabile, e tutto ciò<br />

che vedrà, lo vedrà stabilito nell’immutabilità. Allora, come gli promette la divina<br />

Scrittura, il suo desiderio sarà ricolmo di beni 75 , di beni immutabili, la Trinità stessa, il<br />

suo Dio di cui esso è l’immagine. E perché questa immagine non possa giammai essere<br />

contaminata, essa sarà nel segreto del volto di Dio 76 , ricolmata da lui di tanta<br />

abbondanza, che il peccato non avrà per essa più alcun fascino. Ma in questa vita,<br />

quando lo spirito vede se stesso, non vede qualcosa di immutabile.<br />

Anche il peccatore è illuminato dalla luce della giustizia<br />

15. 21. Cosa che esso non pone certamente in dubbio, perché è miserabile e desidera<br />

essere beato; e non ha speranza di poterlo divenire, se non perché è mutevole. Se esso<br />

non fosse mutevole infatti, come, beato, non potrebbe diventare misero, così, misero,<br />

non potrebbe diventare beato. E che cosa, sotto un Signore onnipotente e buono,<br />

avrebbe potuto renderlo misero, se non il suo peccato e la giustizia del suo Signore? E<br />

che cosa lo renderà beato, se non il suo merito ed il premio del suo Signore? Ma anche il<br />

suo merito è una grazia di Colui il cui premio costituisce la sua beatitudine 77 . Perché esso<br />

non può darsi la giustizia, che non ha perché l’ha perduta. Questa giustizia l’uomo l’ha<br />

ricevuta, all’atto della creazione, ma per il peccato l’ha perduta totalmente. Riceve<br />

dunque la giustizia, grazie alla quale poter meritare di ricevere la beatitudine. Per questo<br />

si sente rivolgere, con piena ragione, dall’Apostolo, queste parole, quando incomincia ad<br />

inorgoglirsi di questo bene come se gli fosse proprio: Che hai tu infatti che non abbia<br />

ricevuto, che te ne glorii come se non l’avessi ricevuto? 78 . Quando conserva vivo il<br />

ricordo del suo Signore, dopo aver ricevuto lo spirito di lui, si rende perfettamente conto,<br />

perché ne è istruito interiormente, che non si può risollevare se non per un’azione<br />

gratuita di Dio, che non è potuto cadere se non per un proprio difetto volontario. Non si<br />

ricorda assolutamente più della sua beatitudine: essa esisteva e non esiste più, e lo<br />

spirito se ne è totalmente dimenticato, perciò non si può più fargliela ricordare. Ma esso<br />

crede in essa, perché le Scritture del suo Dio, degne di fede e scritte dai suoi Profeti, gli<br />

narrano della felicità del Paradiso e gli espongono, secondo la tradizione storica, e il<br />

primo bene dell’uomo e il suo primo peccato. Ma si ricorda del Signore Dio suo 79 . Egli<br />

esiste sempre: non esistette una volta ed ora non esiste, né ora esiste, ma prima non<br />

esistette; ma, come mai cesserà di esistere, così non ci fu momento in cui non esisteva.<br />

Ed è dovunque tutto intero 80 . È per questo che in lui lo spirito vive, si muove ed esiste 81 ,<br />

e perciò si può ricordare di lui. Non che se ne ricordi, perché lo avrebbe conosciuto in<br />

Adamo, o in un luogo qualunque, prima della vita in questo corpo, o quando fu creato per<br />

essere unito a questo corpo; esso non ricorda nulla di questo, tutto ciò è stato cancellato<br />

dalla dimenticanza. Ma si può far ricordare allo spirito il Signore, perché si volga a lui 82 ,<br />

come verso quella luce che lo toccava in qualche modo, anche quando si allontanava da<br />

lui. Da questo deriva infatti che perfino gli iniqui pensano all’eternità e riprendono<br />

giustamente, lodano giustamente molte cose, nella condotta degli uomini 83 . A quali<br />

regole si riferiscono essi per pronunciare questi giudizi, se non a quelle in cui vedono<br />

come ognuno debba vivere, sebbene essi non vivano così? Dove le vedono? Non nella<br />

loro natura, perché certamente è con lo spirito che si vedono queste cose e perché è<br />

evidente che i loro spiriti sono mutevoli, mentre queste regole appaiono immutabili a<br />

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