Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Le due avversative introducono ad un sentimento di speranza <strong>che</strong> produce il<br />
«movimento dialettico della storia verso il futuro»; 16 esse rappresentano la possibilità di<br />
una nuova vita, e contemporaneamente sanciscono la definitiva distanza dell’«antico<br />
cuore umano» dal «cielo lontano», in una sorta di verticalità negata. Con questo doppio<br />
movimento l’avvenimento si inserisce in una prospettiva di cambiamento <strong>che</strong> annulla il<br />
presente stesso nell’urto con un altro tempo: la poesia non vuole trattenere al di qua<br />
della fine, né evocare una stagione perduta, intende piuttosto andare oltre il presente, per<br />
affermare un’esistenza <strong>che</strong> è rinnovamento e visione. La «sorgente / cupa» qui si<br />
trasforma in una fonte <strong>che</strong> «parlerà», l’«edera nera» si muta in una gemma pronta a<br />
schiudersi in una rinnovata possibilità di fioritura. E troviamo an<strong>che</strong> uno dei primi<br />
esempi di quelle mineralizzazioni <strong>che</strong> si caricano di destino, preannuncio di futuro,<br />
segni cristallini di speranza: la «pietra sepolta» <strong>che</strong> splenderà diventa l’emblema di una<br />
liberazione <strong>che</strong> non ha nulla di metafisico, ma fa diretto riferimento al destino di un<br />
popolo inaridito dalla dittatura, cupa e soffocante come edera. 17 La pietra-antico cuore-<br />
poesia rimane viva, an<strong>che</strong> se sepolta, in attesa di una vita nuova, come la «rosa sepolta»<br />
<strong>che</strong> «odora eterna», figura anch’essa di un destino <strong>che</strong> la contingenza storica non può<br />
annientare:<br />
Discenderanno i cavalieri di grigi mantelli<br />
sui prati senza colore, accennando. E di noi<br />
dietro quel trotto senza suono per le valli<br />
d’esilio irrevocabili, seguiranno le immagini.<br />
Ma il più distrutto destino è libertà.<br />
Odora eterna la rosa sepolta.<br />
106<br />
(La rosa sepolta, in Foglio di via)<br />
Questi cavalieri apocalittici, <strong>che</strong> possono ricordare il «buio graffito delle acqueforti di<br />
Dürer», 18 calano su un mondo già ingrigito e senza colore, una waste land fortiniana <strong>che</strong><br />
anticipa di gran lunga i lugubri e scarni paesaggi caproniani. Le «valli / d’esilio<br />
irrevocabili» sono ciò <strong>che</strong> resta dopo la catastrofe e ciò <strong>che</strong> ci aspetta nell’immediato<br />
futuro, sono i fantasmi di un «distrutto destino» <strong>che</strong> riguarda tutti, ma <strong>che</strong> preserva tra le<br />
16 Giulio Ferroni, Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura, Torino, Einaudi, 1996, p. 102.<br />
17 Si legga quanto scrive Romano Luperini, Il futuro di Fortini, cit., p. 19: «Altre volte ancora lo stesso minerale<br />
in cui la poesia si essicca può essere garanzia di futuro, l’autorepressione trovare una possibilità di risarcimento<br />
capovolgendo la devitalizzazione in capacità di sopravvivere e di mordere».<br />
18 Italo Calvino, Foglio di via di Franco Fortini, in Saggi, cit., p. 1058.