Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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gradi successivi di approssimazione: a partire dal Seme del piangere, e sempre più<br />
insistentemente nelle altre raccolte, il tema della «pena / del futuro» e dell’impossibilità<br />
di ritorno si declina nella variante complementare della distanza, del distacco dai luoghi<br />
e dai tempi della vita. Si definisce così la diversità di un io <strong>che</strong> è altrove e in nessun<br />
luogo:<br />
Nell’ossa ho un’altra città<br />
<strong>che</strong> mi strugge. È là.<br />
L’ho perduta<br />
[…]<br />
Città<br />
cui nulla, nemmeno la morte<br />
– mai – mi ricondurrà.<br />
(Il gibbone, in Congedo del viaggiatore cerimonioso)<br />
La perdita e il dolore sono totalizzanti, e non è prevista nessuna possibilità di salvezza,<br />
soltanto il resoconto di un viaggio in un altrove in cui presente e passato si fondono<br />
senza speranza di futuro:<br />
Sono stato là<br />
dove non si può tornare.<br />
Tutto è come fu.<br />
(Toba, in Congedo del viaggiatore cerimonioso)<br />
La geografia di Caproni si definisce come lo spazio mentale del negativo e del nulla,<br />
come la mappa di un mondo capovolto in cui vengano indicati i luoghi del non-essere.<br />
Questa minacciosa apocalisse delinea una dimensione altra, al di fuori della realtà. Il<br />
muro della terra, la raccolta successiva al Congedo, si apre con una indicazione di<br />
confine, <strong>che</strong> prelude ad un trapasso:<br />
«Confine» diceva il cartello.<br />
Cercai la dogana. Non c’era.<br />
Non vidi, dietro il cancello,<br />
ombra di terra straniera.<br />
(Falsa indicazione, in Il muro della terra)<br />
L’altrove non è un luogo sconosciuto e straniero, perché è già qui, è già il presente <strong>che</strong><br />
abitiamo quotidianamente. Il <strong>lingua</strong>ggio non può indicare un senso <strong>che</strong> valga a dare una<br />
dimensione nuova al destino dell’uomo, non c’è indicazione sicura, c’è solo il niente<br />
dell’irrealtà in cui si capovolge il reale:<br />
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