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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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La realtà è doppia e ambigua: da una parte «un bel sole» e «Vedo il mare, è celeste,<br />

lietissime le vele», con un andamento e una scelta lessicale <strong>che</strong> ricordano da vicino la<br />

poesia di Penna, ma la vista dell’idillio giunge tardiva e non può illudere, perché è già<br />

stata alterata da una realtà notturna e oscura <strong>che</strong> nasconde l’orrore storico: 19 tutto<br />

partecipa di una doppia sostanza, <strong>che</strong> non si esaurisce nell’hic et nunc di una deriva<br />

nichilista, e neppure nella pacificazione degli opposti, ma tende a manifestare la sua<br />

complessità. Si deve tendere a «un senso diverso / <strong>che</strong> può darsi all’identico», attraverso<br />

una parola <strong>che</strong> resta «ferma dentro il verso» e «insieme vola via»:<br />

E io <strong>che</strong> scrivo<br />

so ch’è un senso diverso<br />

<strong>che</strong> può darsi all’identico<br />

so <strong>che</strong> qui ferma dentro il verso resta<br />

la parola <strong>che</strong> senti o leggi<br />

e insieme vola via<br />

dove tu non sei più, dove neppure<br />

pensi di poter giungere, cominciano<br />

altre montagne, invece, pianure ansiose, fiumi<br />

(Franco Fortini, Altra arte poetica, in Poesia e errore)<br />

Lenzini ha scritto: «il vero c’è, ma non questo», c’è «una verità ulteriore da opporre alla<br />

non-verità del reale»; 20 bisognerebbe dire piuttosto: uno è il vero («identico»<br />

etimologicamente significa <strong>che</strong> forma una stessa cosa con un’altra), ma è «di due<br />

verità» (La poesia delle rose, II, in <strong>Una</strong> volta per sempre), quella solare e quella<br />

notturna, il qui e l’altrove. Non bisogna assolutizzare le opposizioni, ma prendere atto<br />

<strong>che</strong> ci sono due realtà <strong>che</strong> sono complementari e <strong>che</strong> concorrono a determinare un vero<br />

<strong>che</strong> supera entrambe. Per Fortini il mondo è vero, ciò <strong>che</strong> cambia e falsifica il nostro<br />

rapporto con esso è il modo di leggerlo e di tradurlo: se la lettura è parziale, la<br />

traduzione produrrà un’immagine illusoria; se è globale potrà procedere verso quella<br />

verità ulteriore di cui parla Lenzini. E poiché la realtà non manifesta prospettive<br />

19 Così Romano Luperini, Il futuro di Fortini, cit., p. 69: «Insomma, due realtà: quella del sole, delle vele e del<br />

mare; e quella, opposta, del fiele, della durezza amara e sanguinaria, della crudeltà. <strong>Una</strong>, si direbbe, apparente;<br />

sostanziale l’altra». E, ancora, a p. 71: «“La storia in tutto quanto ha, fin dall’inizio, di inopportuno, di doloroso, di<br />

sbagliato si configura in un volto – anzi: nel teschio di un morto” (Benjamin). O nel morso di un “piccolo animale<br />

sanguinario”» (la citazione riportata da Luperini, è tratta da Walter Benjamin, Il dramma barocco tedesco, Torino,<br />

Einaudi, 1971, p. 174). E poi prosegue: «L’idea della fatalità ma an<strong>che</strong> della irrimediabilità del male si accompagna a<br />

quella di una responsabilità storica e di una necessaria punizione: a entrare in circolo – e non solo, ovviamente, nel<br />

sangue della “bestiola” e poi dopo il contagio, in quello dell’”animale” – è il veleno di un inquinamento <strong>che</strong> tutti ci<br />

riguarda». Per un commento a questa poesia si legga an<strong>che</strong> Luca Lenzini, Il poeta di nome Fortini. Saggi e proposte<br />

di lettura, cit., pp. 202-211.<br />

20 Luca Lenzini, Il poeta di nome Fortini. Saggi e proposte di lettura, cit., pp. 210-211.<br />

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