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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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e della storia, egualmente<br />

porteremo con noi<br />

in fondo all’acqua.<br />

(Giorgio Caproni, L’idrometra, in Il muro della terra)<br />

L’io, inteso come soggetto storico, può rappresentarsi solo attraverso una metamorfosi,<br />

<strong>che</strong> lo conduce all’isolamento, alla frantumazione, all’effimero. Di conseguenza an<strong>che</strong><br />

l’evento storico in quanto tale (ad esempio la guerra) si spoglia del suo spessore<br />

temporale per diventare emblema esistenziale declinato secondo i diversi significati <strong>che</strong><br />

assume l’allegoria <strong>che</strong> lo sostituisce (ad esempio la metafora della caccia). Spesso in<br />

questo contesto di realtà irreale i versi sono mossi da una logica illogica, <strong>che</strong> va a fondo,<br />

penetra il dubbio e lo fa esplodere nella sua ambigua allusività:<br />

L’ho seguito.<br />

Non era lui.<br />

L’ho visto.<br />

Ero io.<br />

L’ho lasciato andare.<br />

Incerto,<br />

ha preso il viottolo erboso.<br />

Con un balzo è sparito<br />

(ero io, non lui)<br />

nel fitto degli alberi, bui.<br />

(Giorgio Caproni, Rinunzia, in Il Conte di Kevenhüller)<br />

L’andamento è paratattico, i punti interrompono i singoli versi come sull’orlo di uno<br />

sfinimento esistenziale, nel segno di un dettato poetico <strong>che</strong> fatica a essere portato a<br />

termine. Con un procedimento <strong>che</strong> caratterizza tutta l’ultima fase della sua produzione<br />

poetica, Caproni introduce una figura sfuggente, in uno spazio ambiguo e indefinito, se<br />

non per l’emergere di pochi riferimenti emblematici (il «viottolo erboso», gli «alberi<br />

bui»), <strong>che</strong> rimandano ad un altrove «astorico e fiabesco», in cui «passato e futuro<br />

coincidono e si annullano, addensati in un tempo indifferente». 42 Le cose sono isolate ed<br />

estraniate, sono solo simulacri <strong>che</strong> mantengono, al massimo, un ricordo della loro<br />

42 Adele Dei, Giorgio Caproni, cit., pp. 207 e 195.<br />

193

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