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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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distanza, perché solo nella lontananza si può cogliere il senso di un mistero. Separato<br />

dalla storia e dalla materialità, a cui fanno allusione ben diverse forme di liberazione o<br />

di abbandono («il mio dio se ne va in bicicletta / o bagna il muro con disinvoltura»),<br />

l’eros scaturisce da un desiderio rivolto al futuro («ma negli occhi neri / di quel<br />

fanciullo io pregherò il mio dio»), mentre il presente, ponendosi come intervallo tra il<br />

qui e l’altrove, è mancanza in cui la stessa possibilità del desiderio vacilla o si<br />

manifesta, ancora una volta, in un’immagine solo sognata:<br />

Non rivedrò il paese ove la sera<br />

cala alla lenta nebbia l’angelo del lavoro.<br />

La luce rivedrò, la luce d’oro<br />

ove brilla il fanciullo. E nella sera<br />

brillan, sognando, le sue gote accese.<br />

(Non rivedrò il paese ove la sera, in Poesie inedite)<br />

Il vedere è un ri-vedere, è novità e ripetizione allo stesso tempo, e il futuro introduce a<br />

una dimensione sottratta ad ogni forma di esperienza comune. La trasgressione della<br />

realtà è tesa tra negazione e affermazione («Non rivedrò il paese», «La luce rivedrò») e<br />

l’incontro col fanciullo è l’evento <strong>che</strong> può trasformare il destino: la contingenza lascia il<br />

posto alla «luce d’oro»; la realtà sensibile cede ai sensi e allo sguardo poetico, <strong>che</strong><br />

operano una trasformazione radicale del mondo. Questa condizione continuamente<br />

disponibile al cambiamento sembra liberare il corpo dai legacci mondani e l’eros<br />

prepara a qualcosa di nuovo, in cui allegria e vertigine si confondono. 15 Lo spazio<br />

indefinibile e immenso determinato dal gerundio «sognando» concentra in sé il senso<br />

della durata, ma an<strong>che</strong> di un altrove aperto ad infinite possibilità, in cui il pensiero<br />

diventa, anzi è, materia e fondamento di una nuova realtà. La «luce d’oro» e le «gote<br />

accese», sono allora i prodotti di un’immaginazione <strong>che</strong> rende possibile il movimento<br />

dalla condizione mortale a quella immortale.<br />

Il vero significato della poesia si realizza proprio nella dissimulazione di questo<br />

rapporto con la morte e «l’io, nel mezzo di questa dinamica circolare, rischia di<br />

confondere l’origine con la fine»: 16<br />

15 Così scrive Penna nel suo taccuino il 3 agosto del 1928: «e mi prende ancora una sanguinante malinconia per<br />

questa indipendenza assoluta di ogni cosa dalle altre del mondo, per questa impossibilità di comunioni perfette fra<br />

tutte le cose: fra due stati d’animo della stessa persona, fra due esseri <strong>che</strong>, amandosi, non si congiungeranno mai<br />

perfettamente e interamente», ora in Elio Pecora, Sandro Penna: una <strong>che</strong>ta follia, cit., p. 66.<br />

16 Luigi Tassoni, L’angelo e il suo doppio. Sulla poesia di Sandro Penna, cit., p. 48.<br />

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