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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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Poesia significa in primo luogo libertà. Libertà e disobbedienza di fronte<br />

ad ogni forma di sopraffazione o di annullamento della persona: di fronte ad<br />

ogni forma di irregimentazione o, peggio, di massificazione. La società in cui<br />

viviamo minaccia con sempre maggior pesantezza i più elementari diritti del<br />

singolo: minaccia la distruzione totale del privato (della persona), per ridurre<br />

gli individui a una somma di «consumatori», ai quali – nell’imperante<br />

mercificazione an<strong>che</strong> di quelle <strong>che</strong> una volta venivano chiamate le<br />

aspirazioni spirituali – si vorrebbe imporre bisogni artificialmente creati per<br />

alimentare una macchina economica <strong>che</strong> trae a sé tutto il profitto, a pieno<br />

scapito d’ogni scelta interiore. Il poeta è il più deciso oppositore, per sua<br />

propria natura, di tale sistema. È il più strenuo difensore della singolarità,<br />

rifiutando d’istinto ogni parola d’ordine. E per questo il sistema lo avversa,<br />

sia ignorandolo o fingendo d’ignorarlo, sia cercando di minimizzarne la<br />

figura con l’arma della sufficienza e dell’ironia. 18<br />

Il <strong>lingua</strong>ggio poetico deve, quindi, rispondere a un’esigenza etica ancor prima <strong>che</strong><br />

estetica. Il fine di tale <strong>lingua</strong>ggio è la rappresentazione di un mondo interiore ed<br />

esteriore, una fisicità della parola da opporre alla barbarie dei tempi. La concretezza<br />

leggera e luminosa di Penna, fatta di fanciulli, mare, scogli, stazioni e orinatoi (veri e<br />

propri emblemi di un’anima), quella di Caproni, sensuale e allo stesso tempo cruda e<br />

aspra, una fisica dei sensi 19 con cui si vorrebbe modellare l’ontologia e la psicologia del<br />

mondo, 20 la frontiera rappresentata dalla Luino della giovinezza di Sereni, così come la<br />

spazialità notturna, sospesa tra finito e infinito del primo Fortini, già proteso verso il<br />

futuro, fanno emergere una dimensione metaforica, il correlativo oggettivo di una<br />

situazione interiore, <strong>che</strong> presto lascia l’aura autobiografica, per diventare condizione<br />

collettiva e condivisa: 21<br />

Mi risveglio dal sonno, è una notte d’inverno,<br />

lontani sono i sogni, il libro è caduto,<br />

non vengono rumori sul vento della città.<br />

Guarda, mi dico, non è vero <strong>che</strong> siamo d’inverno,<br />

<strong>che</strong> sono morti gli amici e orrida cosa è vivere:<br />

vedrai domani alla prima luce ci desteremo<br />

18<br />

Giorgio Caproni, Sulla poesia, in La scatola nera, cit., p. 38. Caproni parla di «rovine invisibili», così come<br />

Pasolini di «macerie di valori»: «[…] non ci troviamo tra macerie, sia pur strazianti, di case e monumenti, ma tra<br />

“macerie di valori”: “valori” umanistici e, quel <strong>che</strong> più importa, popolari» (Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane,<br />

Torino, Einaudi, 1976, p. 83).<br />

19<br />

Cfr. Andrea Cortellessa, La fisica del senso. Saggi e interventi su poeti italiani dal 1940 a oggi, Roma, Fazi,<br />

2006.<br />

20<br />

Cfr. Fabio Moliterni, Poesia e pensiero nell’opera di Giorgio Caproni e di Vittorio Sereni, cit., p. 31: la poesia<br />

tende a «circoscrivere (an<strong>che</strong> a rischio dell’impoverimento e dell’autolimitazione della propria vena espressiva e<br />

ideale) un racconto poetico fatto di figure, di esperienze sensibili e psicologi<strong>che</strong>, entro un’economia formale e una<br />

precisione di <strong>lingua</strong>ggio».<br />

21<br />

E per avere un’idea del clima di quegli anni, si legga Franco Fortini, Dieci inverni, Bari, De Donato, 1973, p.<br />

30: «Erano inverni profondi, faticosi. Le rovine <strong>che</strong> avevamo intorno come allegoria di un riscatto possibile sparivano<br />

per dar luogo ad una città opulenta e meschina. […] Eppure bisognava impararne l’avvenire. Volevamo sperare di<br />

decifrarvi i destini personali e generali. Perché il mondo, come dice Schlegel, è e rimane la nostra unica spiegazione».<br />

16

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