Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Ma effimero è alle cave<br />
ansie il sole <strong>che</strong> ami.<br />
Al vespro aspro, è grave<br />
il cielo ai secchi rami.<br />
74<br />
(Falsa primavera, in Poesie)<br />
Nell’ultima strofa l’io è assediato da presenze negative <strong>che</strong> oggettivano uno stato di<br />
interna disperazione, di identificazione dell’anima con qualcosa di arido e vuoto<br />
(«effimero è […] il sole»; «cave / ansie»; «vespro aspro»; «è grave / il cielo ai secchi<br />
rami»). 36 An<strong>che</strong> i pensieri sono vuoti, come sterili relitti incapaci di cogliere la<br />
profondità dell’amore. La positività risiede nella sensualità dei «gatti amanti» e dei<br />
«Goffamente beati […] soldati», in una realtà esterna e estranea all’io poetico, <strong>che</strong> non<br />
può parteciparvi direttamente, ma soltanto coglierne alcune tracce per una effimera<br />
salvezza.<br />
Il mondo si rivela, al contempo, «falso e vero»: falso, nell’esteriorità di una realtà<br />
lontana, in cui il cuore del poeta rimane vuoto e inappagato; vero, nella rilettura in<br />
chiave psichica di una vita <strong>che</strong> l’eros rende piena di aspettative. L’utopia di Penna si<br />
nutre di innocenza e di inquietudine allo stesso tempo, perché egli è consapevole del<br />
«vuoto incanto», sa <strong>che</strong> la poesia non può avere un carattere definitivo, ma proprio per<br />
questo può aprirsi allo spazio del possibile e del desiderio: 37<br />
[…] L’innocenza<br />
forse risalirà con la sua bicicletta<br />
la lenta strada, e poi vi sarà tolta<br />
d’un tratto dalla polvere di un camion.<br />
Quando poi schiarirà, cercate ancora<br />
sulla strada, o nel cuore, il vuoto incanto.<br />
Fingerà la natura un suo tramonto.<br />
E tutto vi parrà – ma non vi date<br />
sentimento di sorta – falso e vero.<br />
(Avete mai provato in un’aria serena, in Poesie inedite)<br />
36 Cfr. Francesca Bernardini Napoletano, Il gambo del fiore. Sandro Penna e la poesia italiana del Novecento, in<br />
AA.VV., Sandro Penna. <strong>Una</strong> diversa modernità, cit., p. 73. E si legga an<strong>che</strong> Daniela Mar<strong>che</strong>schi, Sandro Penna fra<br />
poesia e prosa, in Sandro Penna. <strong>Una</strong> diversa modernità, cit., pp. 101-102: «Penna è poeta del desiderio <strong>che</strong> si<br />
mantiene costante apertura sul mondo, pur muovendo da una visione del vivere umano all’insegna di un sereno<br />
dissidio interiore (l’ossimoro è necessario), nella percezione dello scorrere inarrestabile del tempo dato a ognuno,<br />
dalla caducità delle cose e dalla fuggevolezza della felicità».<br />
37 Cfr. Cesare Garboli, Prefazione, in Sandro Penna, Poesie, cit., p. XII: «I ragazzini di Penna non salveranno mai<br />
il mondo, non essendoci nel mondo niente da salvare. C’è, a intermittenza, la divinità del desiderio. Questa è la vera<br />
trasgressione».