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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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L’io inventa e finge un altrove <strong>che</strong> è già qui attraverso l’incontro con presenze tangibili,<br />

ma <strong>che</strong> in definitiva sono chimerici prodotti della sua immaginazione, angeli e idoli di<br />

un mondo interiore dotato di una sua «risonanza sentimentale». 33 Per cenni e scorci si<br />

intravedono delle ipotesi di salvezza: il mondo esterno (il «luminoso / mattino»),<br />

contrasta con l’interiorità del poeta (la «buia stanza»), e tuttavia prefigura una vita<br />

diversa. 34 L’interrogazione è sospesa tra realtà e irrealtà, possibilità e impossibilità, luce<br />

e buio. Il dissidio interiore si manifesta nel contrasto tra il «chiuso libro» e la «vita<br />

lontana»: 35<br />

Dal chiuso libro adesso approdo a quella<br />

vita lontana. Ma qual è la vera<br />

non so.<br />

E non lo dice il nuovo sole.<br />

73<br />

(Finestra, in Poesie)<br />

Il «nuovo sole» non parla al poeta <strong>che</strong> osserva dall’alto, da una posizione separata dalla<br />

vita vera, perciò la sua luce in questo caso non scalda e non illumina la vita poetica, <strong>che</strong><br />

rimane sterile nel «chiuso libro». An<strong>che</strong> in Falsa primavera Penna affronta il tema della<br />

duplicità del reale, della sua verità e falsità appunto, e lo sviluppa nella<br />

contrapposizione tra un mondo luminoso e vivo e una dimensione di ansia e di vuoto,<br />

tra una esteriorità apparentemente positiva e una interiorità lacerata, tra una natura in cui<br />

«l’ora è ferma» e una dimensione psicologica su cui invece grava il dolore per ciò <strong>che</strong> è<br />

effimero:<br />

Placidi gatti amanti<br />

(sul prato l’ora è ferma)<br />

di vetri luccicanti.<br />

Goffamente beati,<br />

da odore di caserma<br />

si spogliano i soldati.<br />

33 Giacomo Debenedetti, Poesia italiana del Novecento, cit., p. 181.<br />

34 Così Cesare Garboli, Penna Papers, cit., p. 45: «Penna è il solo poeta del Novecento il quale abbia<br />

tranquillamente rifiutato, senza dare in escandescenze, la realtà ideologica, morale, politica, sociale, intellettuale del<br />

mondo in cui viviamo. Penna ha messo il mondo degli adulti «tra parentesi». Non lo ha contestato, ma lo ha rifiutato<br />

come un mondo insignificante, un po’ volgare, un po’ miserabile, fatto di ridicoli imbrogli e di vanità risapute. […]<br />

Alla «realtà» Penna antepose, fino alle estreme conseguenze, la sua parola tematica, «vita»; ed è stato il solo poeta<br />

del secolo a dirci con voce netta e chiara <strong>che</strong> per essere protagonisti della vita bisogna stare lontani dal traffico, da<br />

ogni traffico, e camminare sul marciapiedi».<br />

35 Ma si leggano an<strong>che</strong> altri passaggi: «E la pioggia lavava quelle pietre» (Mi avevano lasciato solo);<br />

«Vanamente rivivo / in questi cuori: oh assorte / lontananze» (Nell’alto arido eremo salmastri); «I bei capelli caduti<br />

tu hai / sugli occhi vivi in un mio firmamento / remoto» (Le nere scale della mia taverna); «La mano / di quell’uomo<br />

al lavoro / su la spiaggia lontana» (Mi portano lontano).

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